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Pellegrinaggio annuale sulla tomba di Padre Minozzi

Ottobre 16, 2019 19
Pellegrinaggio annuale sulla tomba di Padre Minozzi
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Amatrice, domenica 20 ottobre 2019

 

PROGRAMMA

ore 9.00       

Arrivi e Ritrovo davanti all’Istituto Femminile

ore 9.30       

Rievocazione e preghiera – Omaggio floreale ai Caduti

10.15     

Conferenza di Sr Marijana Lleshi:

   Emergenza educativa e visione pedagogica di P. Minozzi 

               (nella chiesa provvisoria di s. Agostino)

11.00   

S. Messa

12.30

Visita alla Tomba di P. Minozzi

Amatrice, Commemorazione P. Minozzi – 22 ottobre 2017

Ottobre 19, 2017 3
Amatrice, Commemorazione P. Minozzi – 22 ottobre 2017
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Come ogni anno si terrà ad Amatrice

DOMENICA 22 ottobre ’17

la Commemorazione di

PADRE GIOVANNI MINOZZI

 

un pellegrinaggio sui luoghi della memoria

per rinsaldare la nostra appartenenza

alla grande Famiglia dello spirito

e mantenere vivi i valori in cui siamo stati educati

e coi quali vogliamo impegnarci a rinnovare la Società in cui viviamo.

 

E’ un’occasione per rivederci

e spronarci vicendevolmente,

proponendo e suggerendo

quanto riteniamo possa servire

per affiatarci e rendere possibile

una maggiore visibilità

del carisma minozziano

nei tempi che cambiano.

 

PROGRAMMA

9.30     Arrivi

10.0     Momento di preghiera e omaggio ai caduti

11.00   Santa Messa presieduta dal Superiore Generale della Famiglia dei Discepoli don Antonio Giura

12.00   Testimonianze di Ex Alunni e di Pellegrini

13.00   Pranzo a “Lo Scoiattolo”*

 

*dare la propria prenotazione entro venerdì sera 20 ottobre telefonando a 06.68801409 o a don Savino 339.1682791 

 
 

Luglio 1916

Luglio 14, 2016 3
Luglio 1916
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  • La Grande Guerra
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5 luglio

é la data della mia ordinazione sacerdotale. Perdona le mie colpe passate, Signore; benedici i miei rinnovati propositi.

 18 luglio

Il dolore è il viatico della vita. Non v’è creatura umana che non lo porti con se, non v’è famiglia che non lo trovi assiso continuamente al proprio focolare. Alcuni s’inquietano col destino o con la Provvidenza, perché veggono altri gioire, mentre si scatena intorno a loro il male. Ingiusta illusione. Se vi fosse più sincerità nel mondo, se ognuno parlasse con maggior verità, senza vergognarsi de’ propri difetti e de’ propri guai, forse saremmo più buoni tutti, ci vorremmo più bene, ci invidieremmo di meno. Forse… perché svanite alcune illusioni che paiono anch’esse necessarie alla vita, potremmo anche diventar più cattivi fra noi e con Dio…! é così strana la vita!

20 luglio

Cose tristi che non volevo notare. Ma serviranno a conoscere gli uomini e le cose un po’ meglio, senza unilateralità miope e sciocca. La patria è più in alto. I fatti sono sicuri. Chi me l’ha narrati – alcuni da molti giorni – non sanno mentire. Nella zona di Monfalcone un ufficiale nostro superiore disse che avrebbe dato quattro o cinque giorni di prigione… a chi riportava un austriaco prigioniero. I fantoccini del 76 masticarono un po’ amaro, poi… obbedirono come poterono. A Misurata, nell’abbandono forzato di che non è parola ne’giornali nostri, furon incendiate dagli’italiani anche case ove sapevano bene essere solo donne e bambini. Andate poi a ripigliar la colonia! L’Austria fa male a impiccare Battisti; ma l’Inghilterra faceva bene ad ammazzare tanti irlandesi? E la Russia a incrudelire sulla povera gente non ortodossa cascatale in mano? Un amico tornato da Tunisi m’ha parlato indignato della lotta francese antitaliana. E siamo in questo momento alleati per la vita e per la morte! Il segretario di Borzilai diceva a un amico che il suo principale era da tempo inquietissimo contro Sonnino per la balorda sua politica commerciale, e se non veniva la crisi, se ne sarebbe andato lui. L’Inghilterra ha succhiato il nostro oro. é realistica: fa i suoi affari bene. La nostra marina mercantile va riducendosi a proporzioni minime. E avevano tanto bisogno d’ingrandirla! Più voci, e serene ed eque, m’han detto che al Celio i cappellani non si vedono mai. Non c’è pericolo che facciano un giro per le corsie, quando specialmente giungono i nuovi ammalati o che s’aggirino un po’ fra i soldati. Neppur io ce li ho visti mai. Avranno da fare! Quale servizio a Roma è ben organizzato? L’imboscamento trionfa tranquillo. Chi dunque fa la storia?

26 luglio

Da ieri m’ha ripreso la febbre.

28 luglio

Io pecco contro la vita, pecco continuamente e non mi ravvedo. La curo troppo poco questa vita terrena, mi strapazzo, non so darmi riposo, ed ecco le malattie che m’abbacchiano, mi rovinano, non mi lasciano più lavorare. Perché? Non ho fiducia in me stesso, nella vita, nell’avvenire? O è presunzione stolta, orgoglio delle mie forze, ipocrisia del bene? é un tentare Dio? Me lo domando sempre, e or mi rispondo in un modo or in un altro, senza mai correggermi però. Non so. Io ho un incubo del tempo che passa. Non credo d’aver mai, neppure nei momenti più dolorosi della mia vita, desiderato davvero che il tempo passasse più rapido, mai mai. Se d’ogni istante dovremo rendere conto, che sarà di noi? Di me che sarà? Magnifico e terribile dono il tempo! Più del tempo che è la vita quaggiù? Né i dolori, né la morte, nulla vince il tempo: la morte crede alle volte, quand’è volontaria, di eluderlo, se non di schiacciarlo, sciocca, ma ne rimane essa la vittima. Solo uno arriva a superare il tempo, a trasformarlo nell’eternità: l’amore vivo e grande.

Giugno 1916

Luglio 14, 2016 3
Giugno 1916
12 min read
  • La Grande Guerra

 

1 giugno

L’ottimismo di certa gente fa rabbia perché è fatto soltanto di superficialità e d’incoscienza. Alle volte preferirei il pessimismo dei maligni a questi balordi sorrisi d’insensibili e stolti che cianciano di vittorie e di guerra, senza un fremito di passione, né un soffio d’entusiasmo mai, pronti solo a nascondersi come appare un’ombra di sacrifizio, un bisogno di lavoro e di lotta per loro. Pazienza: un più grande dolore forse purificherà e rinnoverà l’Italia meglio che una grande gioia e una grande vittoria!

2 giugno

Curioso come anche la gente più equilibrata, più buona, più religiosa persino non vi consigli che a badare agli affari vostri, a cercare la vostra salute e basta. Tanto poco è diffuso il senso della vita che passa, tanto poco la coscienza sociale umana è sviluppata in alcuni! Beati loro, in fondo. Sono davvero i signori della terra, essi! Per me è tormento e gioia la patria, l’umanità, tutto. Staccarsi dal mondo, che vale? Accumulare ricchezze e glorie terrene che monta? Vae soli! Accogliere nel proprio cuore l’eco de’dolori altrui, palpitare col grande cuore della patria e veleggiare con essa verso l’infinito… ecco la mia vita!

3 giugno

Fra poco, dunque gireremo la lancetta dell’orologio e salveremo l’Italia e le sue alleate. Lo diceva chiaro la Tribuna stasera. Indubbiamente noi affrettiamo d’un’ora la vittoria finale che abbiamo già accaparrata per noi da tempo e l’abbiam legata al nostro carro trionfale indissolubilmente. Consoliamoci, godiamo! Che valgono le vittorie della Germania e dell’Austria? Nulla. Sono esse povere vittorie d’oggi che non ci riguardano. Noi miriamo al domani: siamo idealisti noi, che idealisti! Chi dà botte oggi non fa che perdere; poiché s’indebolisce per domani quando l’ossa rotte dell’avversario potranno ricomporsi a vita e rianimarsi all’assalto. Già: ma l’esercizio irrobustisce le membra, si diceva pure una volta, e le continue briscole mandano all’altro mondo chi le riceve. Che avverrà domani, non so: fuge quaerere, ripete col poeta la sapienza antica. Io vorrei qualcosa per oggi alla patria mia, qualcosa diverso dalle chiacchiere vane. Troppa superbia non sta bene. Contentiamoci intanto di qualche vittoriuccia che ci faccia respirare. Poi penseremo se sarà il caso, al gran colpo finale! Ma voler tutto insieme, via, è un po’ pretenziosetto, io credo… Ah, la retorica, la retorica… Chi ne libererà l’Italia? Chi sarà il suo più grande benefattore?

4 giugno

La storia nostra precipita. Il destino d’Italia si va maturando purtroppo come il cuore non avrebbe giammai voluto, ma come prevedeva la mente. Impreparati assolutamente alla lotta immane, abbiamo ritrovate nelle antichissime virtù della razza l’energia per affermare ancora il nostro diritto alla vita; ma non per trionfare, non per la vittoria piena e la gloria immortale. I nostri mali sono antichissimi anch’essi e la breve giovinezza della nuova Italia non poteva sanarli nel pochissimo tempo che la storia le ha dato. Non poteva per una difficoltà naturale logica, a superar la quale si richiedevan forze straordinarie. Ma anche non seppe e non volle, e di questo la colpa risale in gran parte al governo, alla monarchia, al papato. Da che riuscì alla meglio a raccogliere le sparse membra sue, nessun governo ebbe l’Italia che, consapevole dei grandi destini della patria e pieno della storia di lei, sapesse indirizzarla a bene, reggendola fortemente e illuminatamente. Per la paura delle rivendicazioni papali si favorirono le innumerevoli sette pullulanti sull’organismo fiacco e anemico del paese, si fece una balorda guerra alla Chiesa fatta di puntigli piccini astiosi sciocchi senza alcuna forza ideale, senza neppure la brutalità d’una energia che si pasce d’odio e nel martirio degli altri divora se stessa per la reazione che desta. Nessuna fiamma ideale fu accesa, nessuna scaldò il paese scombussolato dalla rivoluzione e inutilmente desideroso de’beni promessi e sperati. L’istruzione pubblica – fucina di anime per l’avvenire – divenne monopolio della massoneria, strumento di male quando non languiva nel moderatume di qualche ministro svogliato o rimbambito. Una sola costante mira ebbe il governo: accarezzare chi più strillava e tirar innanzi senza grandi scosse. Parve lo movesse alle volte un’idealità democratica, un soffio della Rivoluzion Francese co’ suoi paroloni solenni; ma fu illusione. Il mondo andava da se. Il governo seguiva, travolto dai tempi che non conobbe e non seppe dominare. Sarebbe costato tanto poco educare le generazioni nuove a sentir più altamente di sé e della patria, a disciplinarsi forti in una superiore coscienza nazionale; ma nessun vi pensò. E i migliori esularono in cerca di pane, incuranti della patria, paria del mondo. E nessuno li guardò li custodì li amò. E gli altri s’accaneggiarono in un arrivismo spaventoso, tesserono fra loro le trame d’una burocrazia infinita per soffocare lo stato dopo averne succhiato il più bel sangue. Chi aveva parlato loro di coscienza civile? Chi aveva detto che era furto anche il furto allo stato, delitto anche l’ozio d’un impiegato? Nessuno. Arrivare arrivare a qualunque costo: questa sola era la mira, questa sola pareva la legge. Freno all’orribile corsa verso l’abisso avrebbe dovuto e potuto portarlo la Corona. Ma fu sventura grande che alla reggia mai abitò una persona di genio e di volontà, i piccoli re pure, impauriti dell’ostilità vaticana, si volsero a lambire i piedi de’ loro naturali nemici. Non seppero cercare una via d’accordo col potere religioso, scioccamente lieti delle vecchie fanfaronate liberali. Non capirono che era questione vitale per essi educarsi una maggioranza risoluta e fedele e che non potevano trovarla altrove che fra i cattolici. Con una cecità da arricchiti per sùbiti guadagni, si pavoneggiarono in atteggiamenti, imperialistici alle volte, democratici più spesso, e mai capirono nulla. Nemmeno all’esercito seppero pensare, primo sostegno d’un trono. Alle leghe socialiste innumerevoli non contrappose niente la monarchia. Nella vita nazionale fu assente. Doveva esserne l’animatrice, il perno, e ne fu la debolezza. Solo qualche pia donna regale riuscì a far convergere degli occhi verso la regia; ma non bastò all’impresa ardua e multiforme, non poteva bastare. Fu una luce, splendida per alcune, ma che fece maggiormente risaltare l’ombra e l’oscurità in cui sola brillava. Sentiva forse la monarchia di Savoia il suo destino? Sentiva la morte irrevocabile? Il Papato dal canto suo nulla fece per aiutare l’Italia a uscir vittoriosa dalla gravissima crisi in cui era caduta un po’ – e non un po’ soltanto – anche per colpa del potere religioso mescolato al politico e incerto e come stanco e cattivo verso di lei alle volte. Può dirsi che, in qualche modo, la colpa del governo monarchico e quella del papato s’equivalgono. La bilancia non trabocca da nessuna parte. Non educò i figli d’Italia la Chiesa: si chiuse in se con sdegno, inquieta arrabbiata gelosa. E tutto fece per dimostrar la sua ostilità piccina al nuovo regno. E nulla fece per ritrarre a salvamento il paese perduto. I suoi fedeli furono lungo tempo lontani dal governo maledetto. Nelle sue scuole, tra i suoi preti specialmente, gli usurpatori eran poco men che demoni. Non si pensò che al piccolo passato scomparso. Mai si ebbe un’idea chiara della posizione nuova e d’una soluzione ragionevole possibile. Si gareggiò in questo di cecità e di cocciutaggine col governo del re. E non si avvidero i capi della Chiesa che lasciavan intanto per quelle preoccupazioni terrene sbandare le pecorelle e avanzare un altro nemico più formidabile dell’antico. Non foggiarono per i nuovi tempi armi nuove come sempre avevan fatto i papi: si restrinsero nell’atteggiamento del fiacco vinto che piange e maledice. E si lasciaron gabbare da nemici della patria e scavaron un abisso tra se e l’Italia una che è popolata di cattolici e incamera i beni delle chiese e perseguita preti frati monache fedeli con una disinvoltura spavalda che le par naturale. Così siam giunti all’ultima crisi. Impreparati materialmente e moralmente abbiamo fatto un salto nel buio che affretterà i destini d’Italia non più necessariamente e non ancora quali chi la ama davvero li va bramando angosciosamente i giorni e le notti.

5 giugno

Segni non buoni. Alcuni non sanno e non vogliono guardare in faccia alla realtà e s’inquietano e v’accusano di non so che se v’azzardate e mostrarvi preoccupato degli eventi e raccontate fatti che v’addolorano ma son veri. Nossignore. I tedeschi perdono sempre, hanno perso sempre e perderanno sempre. Con questa persuasione noi abbiamo cominciata e vogliamo seguitare la guerra. Troppo poco. Altri vedono già il finimondo. E non può dirsi che tutti questi manchino di amor patrio. Ma nulla disgraziatamente è venuto a smuovere con forza le loro antiche inquietudini neutraliste e il loro timore è cresciuto coi giorni. Una persona seria stasera m’assicurava che il re passa un’altra gravissima crisi nervosa, peggiore di quella subita da lui poco prima della dichiarazion di guerra. Il vescovo di Vicenza seguita a mandare i tesori della sua Chiesa a Roma. Oggi ha inviato la magnifica corona della Madonna di Monte Berico. Il portatore – segretario vescovile – ha raccontato che Schio comincia a sfollarsi con rapidità. Pochi giorni fa di notte, a piedi, le povere suore esularono coi loro cento orfanelli e furono accolte a Vicenza. Da fonte sicura so che realmente le perdite nostre sono state gravissime. Le cifre combinano quasi con quelle austriache. Ieri, festa dello Statuto, poche bandiere per Roma. La massoneria non avea nulla al suo palazzo. Che penserà il governo? Ha coscienza della sua responsabilità, o s’illude e s’inganna da se? Povera e grande Italia mia!

6 giugno

M’han confermate stamane le notizie sul re. E m’han confermato pure che la dama inglese la quale avrebbe avuto tanta influenza a corte anche nel periodo ante bellum, sarebbe la educatrice di Iolanda, entrata umile al Quirinale e riuscita a dominarvi. Le donne!!

9 giugno

Com’è difficile esser veramente e sempre grandi, superiori in tutto alle frivolezze umane! Ci ombriamo noi alle volte e ci urtiamo per tali sciocchezze – fantasmi vani del nostro piccolo geloso orgoglio ferito – che a ripensarci ci paion cose inesplicabili. é un segno di più della nostra povera debolezza, che ci deve educare alla umiltà. La fama! Che sciocchezza cercarla ed amarla! Non v’è che il bene nel mondo da cercare e da fare sempre. Il resto è vanità e colpa. A guardarla bene, addentro la storia umana, si resta sbalorditi come mai tanti uomini piccoli e cattivi assai spesso l’abbian dominata, intessuta – pare − a lor modo. Effetti meravigliosi alle volte da cause assolutamente impari, chi mai ha saputo trarli? Chi se non Dio? E ministri occulti di Dio nel mondo chi sono stati se non i santi? La grandezza umana e civile de’ santi è tutta da rivendicare. Bisogna guardarli questi eroi nella luce nuova. Essi solo sono veramente grandi nel mondo. Mirabile armonia dell’universo: la musica è dominatrice e anima di tutte le cose. Il nostro linguaggio è una musica parlata. Togliete gli accenti naturali delle parole, che danno il ritmo e la melodia e non avrete più musica, ma neppure più linguaggio. Ripensavo ai canti goliardici del Medioevo. Non è vero che quei tempi fossero così oscuramente presi dall’ascetismo e dimentichi della vita fra le ritorte del dolore terreno e ultraterreno. é sciocca esagerazione umanistica e liberale. Nella fervida attività medievale i canti goliardici somigliano è vero, alle volte, alla rozza sfrenata gioia di gente dura sensuale ingorda; ma passano altre volte come lampi di vita gioconda, sorridono come iridi festose, brillano come fiori di primavera. La vita è stata sempre così, variabile e ricca all’infinito. Non s’è divisa e spezzata mai in se stessa; una e intera ha slargata sempre la sua corolla al sole. Devo ricredermi un po’. La nobiltà ha dato e sta dando parecchio alla patria in sangue e in denaro. Conosco delle nobili donne ammirabili e de’ giovani nobili pieni di slancio patriottico. La tristissima è la borghesia che la rivoluzion francese credeva di educare all’ideale della fratellanza e l’ha appesantita invece d’egoismo. Le tradizioni di famiglia si son risvegliate in molti nobili. Nella borghesia che doveva risvegliarsi? Non avea nulla di buono nel suo passato; avea i sùbiti guadagni raccolti rubando e succhiando in veste di liberalismo. Povera libertà, mai tanto vergognosamente abusata! – e nient’altro. Parlava di umanitarismo, perché le parolone le servivan a coprire le sue vergogne ma mai la borghesia arruffona egoista ladra ha palpitato per qualche cosa di alto e di nobile. Un soldo d’elemosina sì lo ha dato alle volte, ma per farsene bella, per burlarsi cinicamente, pavoneggiandosi, degli altri. Più nulla, la infame! E oggi s’imbosca nella sua viltà! E lascia ammazzare gli altri, mentre essa seguita a guadagnare, ridendo. Oh! la giustizia finalmente…

11 giugno

Chi legge in fondo alle cose lo prevedeva. Il Ministero ha avuto una forte minoranza alla Camera e dovrà necessariamente dimettersi. Che diranno i soldati nostri? L’ottimismo ha una strana teoria di seguaci che va dall’ignorante che non sa nulla, che poco ragiona al genio sovrano che sorvola su tutte le cose e tutto serenamente abbraccia. é ottimista spesso il minorita rozzo, come fu ottimista il suo gran padre Francesco. Il pessimismo raccoglie la somma maggiore degl’ingegni, anche elevatissimi. Il sole crea e distrugge la bellezza con una voluttà speciale. Guardate: somiglia ai fiori la gente di campagna: splendida all’alba della vita, quasi non ha essa primavera; tanto rapida sfiorisce. Le cure cittadine, lottando contro la dura fatica quotidiana e la possa dissolutrice del sole, han cercato salvar la bellezza, ma hanno infiacchito la vita. Mistero, sempre mistero!

12 giugno

Siamo in piena crisi. Indubbiamente il Ministero Salandra sconta delle colpe gravi. Io non credo che esso avesse chiara idea degl’interessi italiani, ne’ energia capace di superare le difficoltà del momento e conquistare alla patria il massimo risultato dagli sforzi innumerevoli e duri che il paese serenamente sopporta da tempo. Non credo però neppure che il Ministero organizzasse proprio esso direttamente le famose giornate del maggio 1915, benché le apparenze lo accusino, con una certa ombra di verità. Stimo di più l’onestà di Salandra. Ma certo lasciò fare allora il Ministero, troppo lasciò fare ai suoi ultimi amici che si dissero – ahimé! – l’unica, la grande voce della patria. E non si conobbe freno. E s’impedì ai più esperti di parlare. E si giocò con disinvoltura enorme l’avvenire del paese. Oggi Salandra esce dalla Camera, gettando il suo portafoglio, urlato fischiato ingiuriato… I socialisti lo hanno accusato con violenza: gli altri, interessati, o hanno fatto coro o han taciuto. I radicali senza coscienza, hanno appoggiato i socialisti. E va bene. Gli uomini, alla fin fine, son fatti così. Non c’è da maravigliarsene troppo. Oggi a me, domani a te. La vendetta è uno de’ più forti piaceri umani. La vada pure. Gli uomini passano fortunatamente. Ciò ne consola. Ma e la patria? Che vergogna un parlamento simile in un’ora così tragicamente solenne per la povera Italia nostra! Dove andiamo? La riconoscenza è un fiore che spunta sulla terra di rado. Lo trovi alle volte nascosto come le mammole, isolato, umile, pio dove meno te l’aspetteresti, lungo le siepi campestri, pe’ campi solatii, sui monti battuti dalla tempesta. Ne’ larghi piani, dove l’abbondanza e la ricchezza trionfano, difficilmente lo trovi. é un fiore che non ama la compagnia, certa compagnia. L’alito della folla lo dissecca pronto inesorabile.

14 giugno

Da quanto tempo noi non scriviamo più storia! Ci siamo ristretti e rimpiccoliti in povere ricerche biografiche. Senza ideali e senza Dio la storia non si scrive, perché la vita diventa necessariamente disorganica, acefala. In alto bisogna guardare. L’anonimo! Il medioevo amò il lavoro anonimo: è una sua gloria la cooperazione attiva e umile senza gare odiose, senza piccinerie sciocche: sentì esso fortemente la socialità d’ogni manifestazione della vita umana. E fece grandi cose. E preparò nuovi tempi nel travaglio de’ secoli. Noi siamo diventati gli schiavi d’una gloriuzza capricciosa, insulsa, cattiva. Anche quando la patria chiama, noi, se andiamo, vogliamo prima che si sappia bene da tutti che andiamo e perché e come andiamo. Siamo troppo farisei. E ci roviniamo anche negli utili nostri materiali privati. é il castigo, il primo castigo.

15 giugno

La pietà storica è grande in noi, ché andiamo affannosamente in cerca di tutte le minuzie sconosciute o poco note, di tutte le bellezze e le verità disperse e non amate; così come ricerchiamo col microscopio le tracce della vita negli esseri ascosi. Ma non abbiamo imparato da essa l’umiltà che naturalmente ne dovrebbe seguire, non abbiamo saputo – poveri e cattivi – ritrovar nella storia l’impronta di Dio, il condottiero supremo, la forza, la vita. Noi dobbiamo riprodurre degli uomini interi come Ozanam per rinnovare la società.

16 giugno

é una ridda di cose sbalorditive. Pare davvero che l’Inghilterra abbia tanto lavorato da imporre in qualche modo Sonnino agli Esteri. Ma e allora perché tanto accanimento contro Bülow l’anno scorso? Dobbiamo proprio essere servi di qualcuno noi? Se il re ha i suoi capitali in Inghilterra che interessa a noi? Ahimè! Annunziano intanto che un sottomarino o che so io ha bombardato Civitavecchia, a due passi da Roma. I giornali tacciono s’intende, e fan bene. Ma non potrebbero anche tacere le loro vergognose campagne parlamentari di questi giorni? Oh! vecchia borghesia maligna e corrotta…

21 giugno

Luigi! Quante memorie, Signore!… Le generazioni nuove avevan creduto poter fare a meno della protezione di questo grande santo della purità e dell’amore, e si sono illuse. La corruzione ha mietuto fra noi. La purità non è egoismo sterile no; è la più alta fiamma dell’amore; non è fine a se stessa, è mezzo a volare cogli angeli. Per rialzarci e nobilitarci dobbiamo tornar puri, fortemente puri nel più ampio significato della parola; dobbiamo rinunziare generosamente a tutto il fango della via, strapparci a tutte le viltà, a tutte le gioie false e balorde. Dobbiamo tornare uomini, figli di Dio.

Febbraio 1916

Luglio 14, 2016 3
Febbraio 1916
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  • La Grande Guerra

 

1 febbraio

M’ha ripreso violento il dolore all’orecchio. Grazie, Signore! Benedici ai soldati nostri, benedici pietoso alla povera opera mia.

4 febbraio

Ier l’altro a sera il prof. Bilancioni dove’ incidermi la membrana uditiva dell’orecchio destro. E ora devo andare la mattina a curarmi al Policlinico, la sera in casa del prof. Il dolore è stato acutissimo e si rinnova ad ogni medicatura. Fino a quando? E basterà ciò? Signore, la tua volontà io l’adoro: donami di compierla intera, purificandomi nel santo dolore! La gioia è egoista quasi sempre, direi quasi per natura, quaggiù. Quello che ci affratella più di tutti è il dolore. Esso, riconduce l’uomo all’umiltà e all’amore, vie della verità. Al mio libro – se riuscirò a farlo − metterò in fronte, accanto al titolo, la scritta: “La verità vi farà liberi” e poi”I’ parlo per ver dir, non per odio d’altrui, ne’ per disprezzo”. Soffro molto stasera!

5 febbraio

Signore! Soffro tanto! Accogli Tu i miei dolori in espiazione delle mie colpe, accoglile Tu per i soldati d’Italia che m’hai ispirato d’amare e da’ loro, Signore, la giusta, la santa vittoria!

6 febbraio

I giornali democratici e interventisti hanno ricominciata una fiera campagna contro il Ministero – pur sotto il regime duro della censura – perché esso dichiari quanto prima guerra alla Germania. Giusto: dal punto di vista della logica va bene. Non si capisce come perché un governo dichiari guerra ai Bulgari, ai Turchi ecc e dimentichi i nemici principali, i veri grandi antagonisti nella immane lotta. Ed è naturale che gli Alleati ci guardino in cagnesco, sospettino di noi. Ma gli Alleati hanno poi essi la coscienza proprio netta ne’ nostri riguardi? E torna conto a noi oggi nell’attuale situazione militare attirarci tutto l’odio germanico? Non è forse più prudente per lo meno aspettare ancora il momento propizio? O dobbiamo noi essere gli eterni cavalieri erranti, i soldati di qualcuno fuori di noi? Se ci siam messi volontariamente in guai, non è utile, mi pare, aumentarceli però ciecamente all’infinito. La patria è qualcosa di più delle nostre varie opinioni.

12 febbraio

Sabato. Casa di salute Kinesiterapico. Prati

Lunedì scorso alle 4 di mattina ebbi un assalto violentissimo di febbre che salì subito da 38 a 40,9. Lo stomaco dava sensi di vuoto orribili. Vennero a visitarmi De’ Fabi e Muzii. Nella notte sul martedì dormì presso di me Antonio Santorelli. Fenacetina e Morfina non valsero a farmi riposare sensibilmente.

Martedì dopo un lungo consulto Muzii-De’ Fabi, mi portarono qui al Kinesiterapico in previsione d’un immediato intervento chirurgico. I bravi medici amici erano impressionati più di me: temevano una infiltrazione di pus traverso la mastoide per altre vie della testa: cosa pericolosissima. Qui sono venuto sempre migliorando. Lo specialista Bilancioni più ottimista fra tutti, par abbia ragione. Il dolore all’orecchio va scomparendo. Ma quanto ho sofferto in questa ricaduta! Solo stanotte ho potuto ridormire un po’. Sia lodato il Signore! Ecco: io pensai un tempo che anche l’anarchia potesse essere ideale di vita, in quanto voglia significare non distruzione certo, ma amore di tutte le libertà, sì ché l’individuo potesse rassomigliarsi all’ape che succhia da ogni fiore il miele. In tal modo uno si librerebbe sereno in alto come svolazzando per ogni dove, senza legge e senza freni, senza desiderio di Dio… Così pensai. Ma non guardai che la realtà umana è diversa. E l’ideale nostro comune dev’essere l’ordine nell’amore, l’amore nell’ordine. Come il dolore cambia valore alle cose umane! Come le colorisce diversamente! Nient’altro può eguagliarlo in ciò. Esso è veramente il supremo educatore. Supremo e necessario!

13 febbraio

Se ti piace, Signore, richiamami a Te!

15 febbraio

Pare ci avviciniamo alla guerra contro la Germania. é l’inevitabile che si compie. Anche se non veniva Briand bisognava arrivare a ciò, per forza. Ma è curioso: ieri sera Corradini su l’Idea Nazionale parlava della grandezza del popolo d’Italia, e lo lodava appunto perché è esso il popolo che vuole la nuova, la più grande guerra. Di grazia: quale popolo? Quello di maggio? Questa gente non vede più nulla, non ragiona più: crede d’animare così gli altri e si fa burlare e li fa arrabbiare. Ricordo con che ironico disprezzo mi parlavan soldati e ufficiali de’ nazionalisti e de’loro giornali!… Oh se facessero meno chiacchiere e andassero veramente a compiere il loro dovere in trincea anch’essi! Venne ieri a trovarmi Rosi. Poveretto vede scuro e soffre tanto per la patria! é un uomo ammirabile per la coltura grande, l’ingegno vasto, la coscienza retta adamantina. Purtroppo i mali ch’ei nota sono quelli che ho notati anch’io sempre, mali che hanno la radice in questa benedetta bolsa retorica nostra che ci illude e ci fa passar sopra alle più gravi deficienze del nostro carattere. La guerra oggi è una spietata rivelatrice de’mali che ieri in pochi additavamo tremando pensosi. Gli Austriaci hanno occupato alcune trincee nostre sul Rombon nella conca di Plezzo: pochi giorni fa ne occuparono altre ad Oslavia. Ieri bombardavano con aereoplani Milano, Bergamo, Rovigo… Stanno dimostrando un’attività fenomenale. Bisogna prepararsi; bisogna essere pronti a tutto: arringare le folle e combattere. La patria deve essere salva!

16 febbraio

é venuto a trovarmi P. Genocchi. Dice che i Francesi, gl’Inglesi, i Tedeschi… son stanchi e che non dichiareremo guerra alla Germania. Certo, la stanchezza è generale; ma la dichiarazione di guerra alla Germania non credo come si possa evitare. Mi diceva pure Genocchi che D. Brizio è ammirato dell’opera del Papa per fatti che a lui constano personalmente. Ne sono lietissimo. Sicuro che il Papa lavora e in buona fede, pur io avrei voluto tanto di più! Ma chi sa, il Signore si serve misteriosamente de’ suoi mezzi. Domani forse, quando meno ce l’aspetteremmo, rifulgerà la gloria del pontificato romano. Coll’amico Mons. Carusi riandavamo ieri a tanti conoscenti nostri che pubblicamente facevano e fanno gl’interventisti guerrafondai e privatamente son tedescofili svergognati, pronti a denigrare ogni cosa nostra, incapaci di vero entusiasmo, ultimi sempre a prestare l’opera loro e a malincuore. Molti di questi tali son proprio della curia del Vescovo Castrense, altri son nazionalisti, professori, dottori… Ecco l’Italia!

Federici, Fedele per es. dell’Università di Roma prima della guerra sembrava volessero divorar l’universo: si misero a disposizione di non so quanti Ministeri; poi, tornati seri, preferirono alle trincee le case loro. Così mille altri.

17 febbraio

Fra qualche ora uscirò dal Kinesiterapico, non guarito, ma migliorato un po’. Signore, dinanzi ai dolori e alle sciagure di tanti infelici per la vita intera, ti ringrazio vivamente de’ piccoli e brevi dolori a me dati. Valgano, Signore, a purificarmi, a farmi intendere sempre meglio la santità della vita, il sacro austero dovere di non sciuparla giammai, di non perderla neppure un istante. Grazie, Signore!

18 febbraio

Non uscii più ieri, uscirò oggi dalla casa di salute.

20 febbraio

Da via della Sapienza. Leggo ora l’ultima lettera di Giosuè Borsi a sua madre e ricordo quella ultima pure d’Ezio Valentini. O Signore, dammi tanta forza di vita tanta gioconda serenità d’amore! Ch’io pure, Signore, giunga quando a Te piaccia alla vita senza morte, dando qui per la patria amata, per Te questa fragile vita intessuta di morte!

21 febbraio

Non riesco a spiegarmi come degl’Italiani possano compiacersi delle vittorie tedesche. Capisco bene il dissidio grave in chi pensava prima della guerra esser più utile all’Italia muover dall’altra parte, lo capisco, perché anch’io fui incerto allora e ora ne soffro; ma santo cielo, dal constatare dolorosamente le vittorie tedesche al compiacersene ci corre un abisso. Chi lo colma non ha mai pensato nulla, non ha cuore, perché non ama la patria oggi che la patria soffre. Sempre debolezze dunque, sempre viltà. é uno schifoso pullulare d’ipocrisia patriottarda in gente che segretamente odia la patria. Come faremo a liberarcene? Come potrà l’Italia rinnovarsi con essi, se nessuno arriva a snidarli e sospingerli a calci verso la morte? Chi sa, forse la morte, la vicinanza della morte almeno, riuscirebbe a rinnovare anch’essi; ma chi li scova dalle loro comode tane? Preti deputati socialisti, borghesi grossi e piccoli, impiegati senza coscienza, nobili senza anima, professori sciocchi increduli imbecilli, poveri vecchi, rammolliti nel loro egoismo… è tutta una triste genìa che ammorba l’aria, che appesta la patria. Che sarà vano il sacrifizio di tanta gioventù bella e serena? Che siamo destinati davvero alla morte? O Signore, se il sogno deve finire così, dammi prima mille volte qualunque morte a Te piacerà!

22 febbraio

Nessun uomo è possibile conoscere mai bene, a fondo. Siamo tale un groviglio di passioni noi, che spesso a noi stessi riusciamo nuovi strani, incredibili. Sii lento dunque nel chiamare uno amico, sii più lento nel giudicare, lentissimo nel condannare. Solo a Dio il giudizio, perché Lui solo è la luce. Si, il desiderio della libertà è uno dei più grandi dell’anima umana. Raggiungerla piena è impossibile quaggiù, ma ciò non toglie che il desiderio permanga eterno, violento alle volte, timido e pauroso in certe epoche di scoramento e di viltà, ma vivo sempre, vigile nelle anime nobili, in tutte le anime.

23 febbraio

L’uomo è sempre quello. Ricordalo. E l’abito non fa il monaco. Noi abbiamo troppo vaneggiato di progresso, di avvenire, di ideali salienti et similia, scordando la realtà intanto e rimettendo all’avvenire la giustificazione delle nostre colpe. Or tutto questo è vanità e stoltezza. Nell’ordinato sacrifizio di se a Dio e al prossimo sta ancora oggi come ieri tutta la sapienza. Nessun avvenire potrà superarla. Non favoleggiamo dunque, ma operiamo umili e buoni. é facile un atto d’eroismo, più facile assai di quanto si creda. Ed è dolce. Così un male qualunque: quando è breve ci si passa su, va bene. Ma il sacrifizio lento d’ogni giorno, d’ogni ora, ma la malattia che ti tormenta e ti sfibra per mesi… ecco il difficile. Ne’ primi giorni si dice: “Sia lodato Dio!” Ma dirlo con eguale animo dopo mesi e anni è da santi. Com’è da santi conservare verso i malati invariabilmente il volto sereno, l’amore zelante tenero operoso. Oh! come vorrei io essere solo col mio dolore, lontano da tutti, di peso a nessuno, solo col ricordo delle proprie colpe e la speranza in Dio! Sento che sarei felice. E non può essere quindi.

24 febbraio

Torna infaticabile il male. Le mie notti insonni sono un martirio. Signore, mi farai tu morire di questo male? E quando? O mi serberai per una morte sul campo, nel grato lavoro per la patria? O vuoi ch’io resti ancora lungamente a scontare le mie colpe, a viver tutto per te? I miei sogni coloriscono e abbellano incessantemente le tre vie: quale sceglierai, o Signore? Io non oso domandartene alcuna, tutte e tre piacendomi, o Dio. Ma se un desiderio io posso manifestarti, o Padre, è che mi tolga Tu dalla terra quanto prima a Te piace; poiché io sento paura della mia fiacchezza io non so trionfalmente resistere al male. Oh! se ti piacesse, o Dio, chiamarmi a Te quest’anno di tra i baluardi della patria dolcissima, tra i fratelli innumerevoli che vengono a Te! Ma, o Signore, nessuna consolazione, nessun premio io merito. Mi restano il dolore e le lagrime! Cresce cresce il dolore che mi cruccia. Morirò dunque così, o Dio? Va bene. Sii tu benedetto. Troppo bella sarebbe stata la morte sul campo. Non la meritavo. Ma, Tu, o Signore, danne eroi alla patria tanti tanti, sempre!

26 febbraio

ore 10½ (sabato) Fra poco tornerò al Kinesiterapico, dove sarò operato alla mastoide da Muzii. Sia lodato Dio! Kinesiterapico. La sera, a letto. La morte è la più grande benefattrice dell’uomo, la sua più grande luce. Dopo essa viene il dolore. Pensavo poc’anzi che i combattenti del nostro fronte, tornando domani alle consuete faccende dovrebbero parlare agli Italiani qui rimasti a ingrassare, ammonendoli così: «Fratelli – vogliam chiamarvi ancora col dolce nome che la viltà v’ha negato – fratelli, ecco, noi veniamo dal limitare del mondo: siamo stati fra la vita e la morte e abbiamo visto la inane grettezza delle vostre beghe, abbiamo abbracciato in un gaudio vasto e luminoso la serie vera dei valori umani. Fratelli, peccammo anche noi un tempo, ma ora l’esperienza ci ha ammaestrati, la morte ci ha illuminati: vogliamo rinnovarci dunque, vogliamo rinnovare tutte le nostre e le vostre case col vivo lume della fede che l’eroismo ci ha riacceso. Lasciateci al lavoro, fratelli, per il vostro e per il nostro bene. Riposatevi voi stanchi: lasciateci aperta la via…». Io credo ch’essi parlerebbero giusto e che delitto sarebbe non ubbidirli. Pensavo ancora: devo tenere questo altro anno alla Casa di Dante una conferenza dal titolo: “Torniamo a Dante”, a lui cioè, alla sua fede, alla sua filosofia lucida e serena, al suo amor di patria ecc, a lui che della tradizione italica cristiana è ognora la più grande voce. Comincerò senz’altro dai suoi versi: “O voi che siete in piccioletta barca…” Ché così veramente siamo stati sinora incerti e sballottati nelle dubbiose filosofie moderne. Un po’ tutti. Ma, come Giosuè Borsi, molti son tornati, molti torneranno alla fede e a Dante, alla fede per Dante. Leggo i Ricordi di Marcaurelio e mi vergogno di me stesso e m’incuoro ad un tempo. Scrive egli saviamente ( lib. V ) «Accetta di buon grado, per dura che t’appaia, ogni cosa che accade… perché ella non sarebbe venuta a qualcheduno, se non fosse convenuta al tutto…» E io, cristiano, dovrei lamentarmi dei miei dolori, atteggiarmi a necessario salvatore del mondo!? Oh povero sciocco! Benedetto sii, o Signore, nella gioia e nel dolore, più nel dolore che ti deve provare il mio povero amore! é stato con me l’amico De’ Fabi. Il Signore gli dia il lume della fede, gli snebbi la mente, lo accenda di Se. Ché egli è buono assai e gli manca solo l’aroma della fede. Domattina, domenica, alle 10½ mi opereranno, Muzii e De’ Fabi. Dopo Marc’Aurelio, l’imitazione di Cristo. Stasera me la passo coi libri che non sanno il tempo. Chi sa, potrebbe essere la mia ultima sera mortale.

27 febbraio

mattina. Nottata insonne assai triste. Fra poco mi raderanno più o meno come un galeotto e poi… alla morte!

 

Novembre 2015

Luglio 14, 2016 5
Novembre 2015
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  • La Grande Guerra

 

6 novembre

Ieri sera [a Roma] bella serata dal barone Lumbroso, con Fausto Salvatori, Giocondo Fino ecc… S’intende che vado in giro pei soldati. Rimediai bene.

7 novembre

Ieri ebbi una lunga cordiale udienza dalla Regina madre. Com’è intelligente e colta e come s’occupa de’ soldati, di tutto! Ricordo che su Crispi s’espresse così: “ultimo grande uomo che abbiamo avuto…!”. Santa donna! Anche l’on. Rosadi, sottosegretario all’istruzione, s’interessa vivamente delle mie bibliotechine.

10 novembre

Vado rimediando benino per i soldati. Ma bisogna girar molto e bussare a tutte le porte. A Roma va diffondendosi un certo scetticismo per la nostra guerra. Sono rare le persone intelligenti che privatamente non muovano accuse al governo, non piangano sulle sventure nazionali. é uno stato d’animo pericoloso, che bisognerebbe evitare. Senza retorica bolsa si, ma con fiducia sempre. Certo l’orizzonte è scuro e fa tremare: ma bisogna premere forte il cuore e stare sereni al posto di combattimento oramai. Un altro guaio è questo: i soldati malati negli ospedali mostrano chiaramente spesso la volontà di non battersi più. Io temo dipenda dalle troppe carezze che si fanno loro: li guastano addirittura. E forse anche da qualche subdola propaganda. Bisognerebbe sorvegliare assai e predicare loro la necessità austera del sacrifizio.

15 novembre

Bisogna che me ne vada. A Roma si perde ogni speranza. Oggi uno già vedeva i tedeschi in Lombardia. Certo l’orizzonte è scurissimo, ma la speranza non deve mancarci. mi diceva che Giolitti fu ingannato volgarmente da Salandra. Questi gli aveva assicurato di non muovere in guerra, ma solo prepararsi per appoggiare l’azione diplomatica. Fu così che Giolitti non venne a Roma per lungo tempo. Egli temeva possibili camarille intorno a se, che avrebbero tolto la completa libertà che credeva necessaria al governo. E venne solo quando vide precipitare le cose, per trovarsi vicino e osservar meglio. Non fu lui a chieder udienza al Re, ma fu questi a chiamarlo. Tale il racconto di Giolitti a Venzi. «Ora – seguitava poco addietro Giolitti – se fossi interrogato, io non potrei che ripetere quello che dissi: Avrei desiderato ingannarmi ma purtroppo i fatti mi danno ragione». Di fronte ai pessimisti, giolittiani o no, v’è la fiducia che parmi un po’ superficiale di altri. Ier l’altro era il prof. Fedele a vantare la nostra azione militare; oggi Rossi a esaltare l’opera del governo. Difficile orientarsi: Mi pare si esageri d’ambedue le parti. Innegabile che una condotta più accorta ci avrebbe giovato immensamente, dal lato militare come da quello diplomatico. Ma comunque sia, oggi non si può e non si deve discutere.La patria corre su la via dell’abisso o della gloria. Chi crede alla prima ha il sacro dovere di lavorare ancora di più, di sacrificarsi interamente alla patria.

16 novembre

Seguita insistente il tempo cattivo, il peggior nemico. La semina va male. Come andrà lo sbarco albanese? E si fa davvero? Parlavo ier l’altro col Card. Cassetta. Che freschezza d’amor patrio in lui! Giusto quel che osservava però: più fede cristiana ci vorrebbe in questo amore.

18 novembre

Scurissimo è l’orizzonte: somiglia al tempo pessimo che infuria notte e giorno. In Tripolitania si va male, malissimo. M’han detto oggi che si è a pochi chilometri da Tripoli. E pensare che eravamo così lieti dell’avanzata compiuta con tanti sacrifizi! Chi sa, forse anche Bumeliana è caduta! Né qui la guerra accenna a progressi veri, importanti. é una guerra di trincea anche da noi. Lo spirito disgraziatamente va giù. Chi non ha cuore se la diverte come prima e più; chi ama la patria spasima. Non so io come osi la gente andare ancora pei teatri, affollare i passeggi pubblici, i cinematografi ecc. Oh, che la coscienza sia tanto rara?… La Grecia segue la sua politica realistica. E ha ragione. La Serbia muore nel sangue. Noi difendiamo a mezzo le idealità. Non siamo più romani. M’assicurano che Tettoni scongiurò il governo a non entrare in guerra senza almeno i Rumeni. Aveva ragione. Io l’ho pensata sempre così. Non mi sono illuso mai. Ho sempre detto che da soli non risolvevamo nulla e che i Balcani erano i Balcani. Ma… Che farci? Certo la strapotenza tedesca è ora più che mai temibile. Se non si abbatte, non si limita almeno in qualche modo, addio civiltà latina, addio potenza nostra risorta pur ieri!… O Signore, dall’intimo dell’anima mia, t’invoco piangendo: perdona a questa povera Italia; salvaci, o Dio e Ti ringrazieremo in eterno.

19 novembre

La burocrazia è eterna. Ancora non ho il vagone libero per trasportare la mia roba a Milano. Conversavo oggi coll’amico, più che professore, M. Rosi. La sua conversazione m’innalza sempre mi fa bene. Ha ragione: l’onestà vera è anche sana e buona politica. Non bisogna mirare nella vita a piccoli fini esclusivi, ma aver visioni larghe, speranze supreme. Se un ideale scompare, allora è facile passare ad un altro più nobile, più vasto. Ma se siamo gretti è un martirio continuo; è un morire a ogni disillusione. Così nella vita privata come nella pubblica. Ed è anche vera la constatazione ch’io ho fatto e ch’egli ha approvato: si sta ripetendo, a quel che oggi appare, in Italia il guaio enorme del nostro primo risorgimento nazionale. Se allora noi non avessimo avuto aiuti stranieri, se fossimo sorti per forza nostra più tardi alla vita vi saremmo giunti molto meglio preparati, più gloriosamente. Cosi, par ora. Non era arrivato il momento dell’ultima lotta. La gioventù nuova appena da qualche anno s’andava formando spiritualmente, irrobustendo il proprio carattere. Ed è essa che cerca adesso salvare l’onore e si batte bene, presa com’è all’improvviso. Ma se l’ora fosse scoccata più tardi!… «Se sapesse – mi diceva, esclamando, Rosi – che razza di mascalzoni è stata quella che ha educato noi! Che briganti di preti spretati, di ex garibaldini scappati, di sciocchi materialisti!… Difficile era reagire. Pochi spiriti nobili lo tentarono. I più naufragarono nell’ignoranza e nello scetticismo bestiale. Non si pensò più. Si odiò quel che non si conosceva. Si divenne stenterelli in tutto». Vero, purtroppo. La generazione passata e quella che l’ha preceduta hanno colpe gravissime: hanno pasciuto di fango l’umanità assetata di ideali, di luce…. Ho conosciuto stasera Corradini e Coppola all’Idea nazionale. Sono stati gentilissimi con me e mi han riempito d’elogi per l’opera santa che vado compiendo e se la son presa col governo che più largamente non m’aiuta, il governo che pensa a “far economie”, diceva ironicamente Corradini. Sono scontenti del governo. E un po’  han ragione. Il governo comincia a mostrarsi debole.

20 novembre

Oggi ho visto donna Salandra, savia donna, e per mezzo suo il comm. Zammorano capo di gabinetto del Ministro.

22 novembre

Fanno impazzire. Oggi m’han detto finalmente che non possono dare il vagone gratis ma devo almeno pagare la metà e devo dirigere la roba al Comando militare. Non capisce nulla la nostra burocrazia. Il governo nostro non sa adeguatamente misurare l’importanza de’ valori morali fra i soldati, non sa far nulla per loro. Vedremo.

23 novembre

Gira e rigira oggi son arrivato sino al generale Tettoni. é stata una fortuna. L’ho trovato simpaticissimo, intelligente, svelto, giovane ancora d’animo. M’ha promesso tutto il suo appoggio, m’ha largito le sue lodi. Egli si curò già delle Biblioteche ai soldati quand’era generale d’artiglieria a Torino. M’ha fatto vedere una fotografia della sua prima biblioteca. Il Signore l’ha posto sulla mia via. Mi sarebbe proprio dispiaciuto pagare il trasporto. Per ben altre cose mi servono i denari raccolti, ben altri sono i bisogni de’ soldati nostri. Tornando a casa ho visto Manari sulla porta del Collegio Capranica. M’ha investito come mai. Dice che mi faccio della reclame ecc. Ho capito: comincia l’invidia lì pure, nel cenacolo castrense. Bene: me la merito per la mia cattiveria. Come può il Signore benedire l’opera mia, se non divento più semplice e puro? se non mi umilio di più? Mons. Tiberghien m’aveva oggi pregato d’andare a un’adunanza d’un Comitato per i libri ai soldati. Sono andato. Erano le 6½ pom. L’appuntamento all’accademia de’ Nobili Ecclesiastici. V’erano mons. Ciccone, Tiberghien, D. Festa. Ho parlato loro del mio lavoro. Ho detto se volevano collaborare con me, o aiutarmi in qualunque modo. Per lo meno ho augurato buona fortuna al loro lavoro: ho raccomandato di molto fare, perché molti sono i bisogni. Sono riuscito a nulla? Lo vedremo. Spero d’aver date loro almeno idee più chiare sul da farsi. Non è poco. Ché li ho trovati piccoli. Sì: sono della buona e brava gente in genere questi clericali nostri. Devoti, religiosi nelle loro pratiche di pietà, incapaci magari d’azioni cattive… ma come restan chiusi freddi paurosi di tutto!

26 novembre

Di nuovo: la guerra nobilita veramente una nazione, la rinnova? Ne dubito assai. Essa esalta i valori umani e nazionali già esistenti, non ne crea di nuovi, o solo di passeggeri: se quindi allato alla guerra e prima della guerra vi sono buoni semi, germi maturi, essi sviluppano rigogliosi; se no il paese come l’individuo seguita la vita abituale, più banalmente magari, più materialisticamente. Insegnino la Germania nella sua maravigliosa storia moderna e la Francia nelle sue convulsioni guerresche. E v’è un altro guaio, il più grave. La guerra porta via in genere i più buoni, i valori migliori, gl’idealisti puri della patria, che corrono entusiasticamente a battersi e morire per lei. I cattivi restano a casa, a spiare le occasioni per comandare di più, per più arricchirsi. E ci riescono. Sfido io: sono più soli. Strano mistero di vita e di morte. I Nazionalisti v’han capito poco. O forse v’han capito molto, perché troppi di essi stanno godendosela per le città italiane, nelle retrovie sicure e calde, lontano dalla mischia che uccide. Questa spedizione in Albania che tutti dicono si stia compiendo e che non si vede mai è un’incognita paurosa. Seguitano negli ambienti romani colti le critiche al governo, la svalutazione di Salandra. Lo scetticismo avvelena ogni opera patriottica. Siam dunque destinati alla morte? Deve proprio il dominio civile trasmigrare alla Germania?

28 novembre

Stasera ho conosciuto all’hôtel de la Paix la signorina Bernardy Amy venuta da Firenze e inviata a me dalla marchesa Adele Alfieri di Sostegno. Spero combinar con lei una vasta azione che da Ala s’irradii sino alle trincee verso Riva, e riscaldi di fede e di speranza i soldati d’Italia. La guerra sinora va uccidendo i migliori, gl’idealisti più puri e la povera sana gente del popolo. La borghesia grassa e guasta ha saputo nascondersi negli infiniti angiporti della viltà. Perché sia rinnovatrice davvero bisogna che la guerra duri e immoli all’avvenire tutte le grettezze passate; bisogna che la necessità spinga a calci sulle trincee sanguinose verso la morte i vigliacchi delle retrovie.

29 novembre

Gli anglo-francesi ne’ Balcani fanno quello che ognuno di mente non ottusa prevedeva: si ritirano alla svelta verso Salonicco. Intanto Denys Cochin torna infiorato da Atene, i ministri inglesi chiacchierano e, lo zar passa in rivista per l’ennesima volta i suoi soldati senz’armi. Le notizie che ancora oggi ho avute di Tripoli fanno tremare. In Albania pare che ci muoviamo, che ci siam mossi anzi, ché mi han detto d’un ufficiale ferito tornato sino a Roma. Speriamo e preghiamo.

Ottobre 1915

Luglio 13, 2016 3
Ottobre 1915
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  • La Grande Guerra

 

19 ottobre

Un giorno feci una scappata ad Ala. Spero aprir presto lassù una biblioteca. Ieri mattina arrivai in automobile da Calalzo fin sopra Pocol e riabbracciai mio fratello Geremia fra il rombo pauroso de’ cannoni. M’avanzai sin alla linea del fuoco d’artiglieria. E dunque l’Italia ha dichiarato guerra alla Bulgaria. Ancora un’altra. Perché? E perché non si osa affrontare direttamente la Germania? Perché non vedere più chiaro prima di saltare nel buio? Oh com’è scuro l’avvenire, Signore, com’io tremo in secreto per la patria mia!

30 ottobre

Venerdì scorso 22 ebbi l’avviso di lasciare il treno. Trovai a Milano per supplirmi un altro cappellano, D. Busetti. Partii da Milano il 23 sera. La mattina avevo salutato il mio treno in partenza alla stazione centrale. Mi piangeva il cuore. Il treno mio non era più quello veramente: troppi cambiamenti l’avevano alterato, guastato. Pure allora, al vederlo sfilare lungo solenne, coi militi ai finestrini che mi salutavano, coi dottori amici commossi e le buone suore più commosse di loro, sentii veramente d’amarlo e soffrii al vederlo scomparire. Comincia così il cambio de’ cappellani. Io tornerò lassù in Cadore però. Sto raccogliendo ora libri, grammofoni ecc per i soldati; poi riandrò fra loro. Volevo riprender scuola; ma mi pare che sia altrove il mio posto ne l’ora che volge. Chi sa, potrebbe Dio concedermi di morir per la patria, purificandomi nel lavoro dalle mie debolezze infinite e che potrei io desiderare di meglio? Oh magari, Signore, magari tanta grazia scendesse su me da trasformarmi in strumento docile nelle mani tue e chiamarmi traverso il sacrificio a Te!

Per il sollievo dei nostri soldati

Luglio 13, 2016 3
Per il sollievo dei nostri soldati
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  • La Grande Guerra

 

A dare sollievo al ferito degente nell’Ospedale da campo ed a rendere meno pesanti le ore di sosta e di attesa per la necessaria convalescenza accanto al benemerito Sottocomitato III dell’Ufficio V costituitosi per provvedere alle necessità degli Ospedali della Provincia di Milano (pure avendo, per la gran copia delle offerte, inviate moltissime letture anche al fronte) è sorto un COMITATO NAZIONALE che lavora e lavorerà in fraterno accordo col primo, e che più specialmente mira a provvedere di opportune letture i feriti e gli ammalati dei grandi Ospedali da Campo, distribuendo all’ uopo nelle varie zone di guerra adatte BIBLIOTECHINE portatili.

Tali Bibliotechine, a evitare il più possibile le dispersioni, metteranno capo a Sale istituite nei centri principali delle zone medesime, le quali servano, insieme, a lettura e scrittura pei militari. Una di queste Sale già prospera da tempo a Calalzo nel Cadore, benefica a soldati e ad ufficiali.

Non dunque per annunciare un Comitato di più, ma per ottemperare ad  una necessità particolare, sperimentata da persone che praticano le zone di guerra, si é pensato ad integrare quest’opera altamente umanitaria chiamando a raccolta molti fra i più cospicui nomi di ogni parte d’Italia, come a consacrazione nazionale dell’Idea, e ottenendo alla benefica impresa l’adesione entusiasta e l’Augusto Patronato della Prima Regina d’Italia, Margherita di Savoia.

A suo tempo si daranno i nomi degli aderenti al Comitato Nazionale attendendosi ancora adesioni di personalità del campo letterario e patriottico.

Il Comitato Esecutivo funziona a Milano presieduto dall’illustre Poeta Giovanni Bertacchi colla collaborazione dei Signori Lina Brambilla, Luisa Silva Candiani, Prof. Giovanni Minozzi, A. G. Bianchi, Adolfo Padovan, Luisa Anzoletti, Avv. Angelo Mauri, Prof. Uberto Pestalozza, Giannino Antona Traversi, Conte Tommaso Gallarati Scotti, Pittore Carlo Agazzi, Ing. Cav. Luigi Silva, Maria e Carlotta Bonomi.

La sua sede è in Piazza del Duomo n. 21.

A giorni verrà diramata un’apposita circolare.

E poco dopo lanciavo il ” Comitato ” definitivo:

 

Comitato Nazionale per le Bibliotechine agli Ospedali da Campo

sotto alto Patronato di S. M. la Regina Margherita

Illustrissimo Signore,

si è pensato e già abbastanza provveduto a raccogliere libri di buona lettura per i combattenti e per i degenti negli Ospedali di riserva; ma poco finora si è fatto per estendere un simile conforto a quelli che, feriti od ammalati, sian trattenuti nei grandi Ospedali da Campo. E che pur questa sia carità necessaria, lo hanno ripetutamente chiarito coloro che, per ragioni di ufficio e di ministero, si trovano in contatto coi soldati al fronte.

Il sottoscritto Comitato Nazionale ha l’onore appunto di rivolgersi alla S. V. Ill.ma per sottoporle un suo opportuno disegno, e chiederle favore e fervore di spirituale assistenza e di aiuti materiali,

Esso ha in animo di istituire Bibliotechine portatili che distribuiscano i volumi sul posto ove giovi, e di volta in volta li richiamino, evitando così il danno di frequenti dispersioni.

Tali Bibliotechine vogliono essere offerte agli Ospedali dai cento ai duecento letti, e agli Ospedali delle città che andremo conquistando.

Per disciplinare poi la distribuzione nei luoghi di maggiore richiesta, si apriranno all’uso delle piccole raccolte, convenienti Sale, che servano insieme a lettura e a Scrittura: simili a quella che già, col consenso del Comando, vive e prospera a Calalzo nel Cadore, benefica a soldati ed ufficiali, che se ne dichiarano entusiasti.

Le due istituzioni “Bibliotechine e Sale” si connettono e si compiono a vicenda.

Le Bibliotechine nostre forniranno a feriti ed ammalati la silenziosa compagnia del libro che ne allevierà l’affanno e li avvolgerà quasi in un vapore d’oblio, elevandoli dal loro stesso corpo dolorante in una pace e in una luce spirituale ; nelle Sale, come in una piccola casa il soldato troverà un senso placido di protezione che gli attenui la nostalgia della maggior casa lontana, e, ad un tempo, il raccoglimento che prepara l’impeto, i pensieri che accrescono l’animo, i sentimenti che sovrastano l’individuo e lo innamorano del sacrificio alla sua grande Patria vittoriosa.

Noi siamo fidenti che la S.V. Ill.ma comprenderà in tutti i suoi beneficii questa nuova opera d’amore fraterno che noi ci proponiamo, e alla quale la Maestà della Regina Madre ha dato, con consenso magnanimo, la sanzione del suo Augusto Patronato: noi siamo fidenti che la S. V. vorrà, con offerte di danaro o di libri, validamente cooperare con noi.

Né stimiamo ormai più d’insistere ancora sui doveri che legano ogni cittadino il quale non combatta ai tanti fratelli nostri che sono là, pronti a dare la loro vita nelle battaglie.

È per il compimento e l’incremento della Patria il sacrificio di quei valorosi, il sangue sparso da essi, la giovinezza loro che contende, magnifica, la vittoria alla morte.

E qual cosa dunque parrà degna che noi si faccia, in ricambio, per loro? Qual dono potremo, se pur grande, mandare a loro che superi quello che essi offrono alla Patria ogni dì?

“Sempre più oltre per la loro vittoria”, “sempre più oltre per la nostra pietà “.

Con devozione, in attesa.

[Padre Giovanni Minozzi, Ricordi di Guerra, vol I, pag. 31-35]

Guerra alla pornografia

Luglio 13, 2016 4
Guerra alla pornografia
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  • La Grande Guerra
  • News

 

 Su un numero speciale dell’”ITALIA” uscito nell’ottobre 1915, don Minozzi scrive:

 

LA VOCE DI UN CAPPELLANO MILITARE

 Ill.mo signor Direttore dell’ “Italia”,

Plaudo di cuore sua santa campagna. In questa solenne e tragica ora della Patria, quando tutte le forze dovrebbero estere conservate pure ed intatte per la sua grandezza e la sua gloria è estremamente ributtante questo ripullulare sconcio di pubblicazioni pornografiche, che va salendo come marea putrida sino a intorbidare e infangare la serena giocondità delle nostre trincee.

Nessuno meglio dei cappellani militari e dei medici ne sa le tristi dolorosissime conseguenze. Io desidererei che tutti quanti hanno cuore largo e mente aperta insorgessero contro il pericolo grave che minaccia la compagine stessa del forte esercito nazionale. Bisognerebbe rigorosamente proibire che stampe malsane penetrino fra i soldati nostri nelle retro vie e per le trincee. La censura dovrebbe essere per questo lato inesorabile.

So bene, signor Direttore, che la campagna coraggiosamente iniziata da lei ha una più vasta e complessa portata nazionale, mirando a coordinare e disciplinare le energie molteplici onde ricca la Patria nostra, a risvegliare e raccogliere in una austerità forte e pensosa le forze che mai come oggi furono chiamate alle prove più ardue, al sacrificio supremo, Bene: non v’è parola che basti a bollare di turpitudine chi specula oggi su la miseria delle famiglie e sull’assenza vigile de’ fratelli e de’ padri per grufolare vigliaccamente nel fango. Gridi alto alto, signor direttore, contro costoro; ripeta ai deboli, ai vacillanti, ai paurosi, ai timidi, a quelli che pendono ancora tristemente fra la bontà e il male che non può contare la patria sull’alba serena di domani, se i figli suoi tutti oggi non sentono il dovere di prepararla concordi colla purezza e la fede de’ grandi che primi l’amarono e le offrirono il sangue.

Questo per tutti.

Ma io mi preoccupo ora in modo speciale de’ soldati, perché, vivendo un po’ in mezzo a loro, mi è parso meglio conoscerne i veri bisogni. Mentisce chi li dice cattivi, come esagera chi li afferma perfetti. No: sono mirabili strumenti di bene se nessuno li guasta, ma restano pure fragili creature che nella vita oziosa spesso delle retrovie sentono violento l’impulso oscuro delle passioni e cadono facili vittime d’una ignobile speculazione settaria che scruta i loro momenti di debolezza e mora ad inasprirli con cartoline procaci, con figurine lussuriose e lascive, con stampe oscene.

Su alle trincee la corruzione è più difficile, più lenta: il pericolo vicino, l’attesa trepida, la lotta aspra e quasi continua purificai soldati, ne esalta le energie buone, li eleva alle speranze immortali, li fa vibrare ai canti della patria, ai sogni della gloria. Ma giù nelle retrovie il guasto si propaga con spaventosa rapidità, per poco che si lasci aperta la via.

E v’ha purtroppo dei comandanti, mi dicono, che pensano ad aprire case di tolleranza in alcuni punti del fronte, in paesi che mai le avevano conosciute, E la più sconcia cosa che si possa immaginare. Non è con donne di malaffare che si calmano gli istinti sessuali di migliaia di giovani agglomerati in baracche sudice e strette, non è così che si preparano soldati alla patria; ma è col curarne l’igiene, coll’educarli al sacrificio, coll’infiammarli di alte; idealità patrie.

Parliamoci chiaro: io ricordo l’avvilimento dei soldati che a Tripoli caddero nel lurido laccio e dovettero essere prontamente inviati in Italia fiacchi e snervati, Si vergognavano di loro stessi, i poveretti, e imprecavano a chi li aveva consigliati, condotti al male, Le malattie veneree fecero allora strage dei nostri. Lo sanno tutti. Io lo vidi con i miei occhi.

Che non si ripeta lo scempio oggi. Per carità e per amore di patria.

I soldati che abbiamo consegnati, affidati allo Stato per la difesa della nostra terra, per il suo fatale ingrandimento nel mondo, devono restare puri e forti, baluardo insuperato e insuperabile contro ogni nemico.

Non li vogliamo guasti da nessuno: sono i nostri fratelli migliori, sono,la pupilla dell’occhio nostro e noi ne siamo patriotticamente gelosi. Ci pensi oggi chi deve, chi dovrà rispondercene severamente domani. Scusi, signor Direttore, e mi creda suo dev.mo

 

Sac Prof. GIOVANNI MINOZZI

Cappellano Militare

 

[articolo riportato in Ricordi di Guerra, vol I, pag. 42-45]

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Settembre 1915

Luglio 13, 2016 2
Settembre 1915
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  • La Grande Guerra

 

3 settembre

Partii ieri sera per Roma. Alle 2½ pom. Sono stato ricevuto dalla regina Margherita che ha accettato di buon grado il patronato delle Bibliotechine. Buona e santa regina!

4 settembre

Roma sente poco la guerra.

5 settembre

Raggiungo il mio treno a Vicenza e celebro Messa.

6 settembre

Avendo pochi feriti ci han fermato a Montebelluna. Sono riuscito a telefonare a Milano per le Biblioteche e per gl’indumenti di lana che occorrono in numero grande grande.

7 settembre

Fermi a Montebelluna abbiam fatto una giterella ad Asolo. A pochi chilometri erano un tempo gli austriaci!

8 settembre

Ho celebrato Messa nella Cappella delle Salesiane a Montebelluna e ho visitato poi il cotonificio. é venuto tra noi in ispezione l’on. Pantano. Ci ha fatto visita anche l’on. Bertolini. Passano treni pieni di feriti. Giungono notizie tristi assai dal fronte, su in val Padola.

9 settembre

Purtroppo qui a Calalzo le tristi notizie crescono. L’azione contro Monte Cavallino non è riuscita. Abbiamo avuto perdite gravi, molto gravi. Torto nostro fu di abbandonar Cavallino quando l’avevam preso. Bisognava tenerlo a ogni costo. Come bisognava esser più rapidi assai nella prima offensiva. Abbiam lasciato troppo tempo al nemico di perfezionare la sua difesa. Oggi con pochi soldati e poche batterie tengono in scacco i nostri. Non giova l’entusiasmo, che è grande. Più previdenza ci voleva. M’han detto d’un generale (De Gennaro) che da principio doveva portare un reggimento in Cadore e lo portò ad Agordo!

11 settembre

Sono andato a trovar mio fratello Antonio a Reggio Emilia e là, nella Chiesa cattedrale, ho celebrato per mio padre.

12 settembre

Tutti i treni seguitano a portar feriti. é uno struggimento! Leggo Abba: “Da quarto al Volturno”. Come accoglievano allora i nostri laggiù in Sicilia! Garibaldi passava avvolto in luce di leggenda. Tutti plaudivano. Non così oggi.

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