PREGHIERA
Preghiera fu tutta la sua vita, vissuta in contatto immediato col Signore, in costante anelito di elevazione a Lui.
Amava pregare e meditare alle prime luci dell’ alba; pregava in viaggio; pregava durante le snervanti attese delle anticamere; pregava nelle raccolte cappelle dei suoi istituti.
“Vita senza respiro” definiva una giornata senza preghiera.
Il frastuono dell’attività di governo dei numerosi istituti non invadeva il raccoglimento dell’ anima.
Sapeva immediatamente riprendere il raccoglimento nel silenzio e nella meditazione. Ne sono testimonianza le vibranti pagine di meditazione sui Vangeli, le vite dei santi.
Egli donava Dio. Nella dolcezza dello sguardo, nella schiettezza del linguaggio, nella paternità del tratto, nella prontezza dell’intuizione, nella bontà del sentimento traspariva il Cristo, con intelletto d’amore contemplato, con costanza di azione imitato. Era come Mosé che dopo aver colloquiato con Dio ne usciva trasfigurato emanante luce dal volto.
Egli cercò la santificazione sua e degli altri, nella fedeltà piena alle pratiche di pietà. Anche in viaggio, all’ora precisa intonava il Rosario, la preghiera al SS.mo Sacramento e alla Vergine Madre.
Nelle frequenti anticamere ai Ministeri, ove recavasi per perorare la causa dei suoi orfani, riempiva l’attesa con la devota orazione quasi a garantirsi il successo degli incontri.
Aveva il dono di comunicare il senso di Dio: soprattutto nella celebrazione della Santa Messa lo vedevi rapito, estasiato, immerso nel mistero; persino la voce si trasformava: flebile, sussurro impercettibile di arcane conversazioni che incantavano ed elevavano i cuori di quanti partecipavano.
CARITA’ APOSTOLICA
Il suo fu un vero e proprio “vagabondaggio” della carità.
Percorse palmo a palmo le zone derelitte, incurante di cibo, di riposo, di ristoro, a piedi le più volte, a dorso di mulo, su treni incomodi in viaggi lunghissimi, trascorrendo spesso le notti sulle panchine delle stazioni o avviandosi per cammini impervii verso paesi lontani per chilometri dalla fermata del treno.
UMILTA’
Si dichiarava e si sentiva veracemente servo inutile. Dio operava. Egli era strumento. I risultati dovevano dar gloria solamente a Lui.
Illimitata fu la sua fiducia nella divina Provvidenza: tutta la sua opera, dall’inizio, fu un continuo atto di fede in essa.
Disdegnava le convenienze accomodatizie.
Ignorava la smania della popolarità compiacente e compiaciuta.
LETIZIA
Austero per sé ebbe con gli altri un atteggiamento sempre gioioso, anche nelle circostanze più avverse, mantenendosi sereno in ogni più duro sacrificio, alimentando quasi la gioia col dolore, per fare il bene.
Era sua convinzione non aver valore la vita, specialmente quella resa sacra dalla vocazione religiosa, senza la gioia, senza l’aspirazione alla gioia piena in Dio.
Della gioia egli volle di proposito esercitare l’apostolato, godendo di donarla anche agli altri, quasi a rendere più facile a tutti la vita.
Assaporava dolcemente nell’ animo suo la risonanza del versetto evangelico riferito ai Discepoli: ibant gaudentes (andavano gioiosi), notando come il cristianesimo è tutto permeato di gioia.
Incontrarlo era una festa, per la immediata simpatia umana che ispirava e per la suggestione di bontà che irradiava. Si riacquistava fiducia accanto a lui, lena per il lavoro, entusiasmo per le mete ideali.
La esuberanza di lui riempiva l’ambiente: la sua periodica o inaspettata visita alle Case trasformava l’atmosfera, incoraggiando tutti a riprendere fiduciosi il cammino. Dove arrivava lui era un accorrere, un ritrovarsi fuori dagli schemi della convenzionalità, un godimento per tutti.
Le distanze cadevano di botto. Si instaurava subito un rapporto semplice, cordiale, in conversazione affabile, piena di calore umano.
Nelle riunioni degli amici teneva’simpaticamente banco, animando la conversazione: “Se ti presenti cipiglioso, irsuto, chi mai vuoi che ti accolga con simpatia, che t’avvicini cordialmente?“.
Tale ilarità, atteggiamento festoso egli se l’era imposto di proposito, potremmo dire con violenza, volendo celare agli altri il travaglio dell’animo suo.
La visione che aveva degli uomini e della vita era sorretta dall’ ottimismo, aspettandosi la immancabile vittoria del bene.
Benediceva animoso a ogni speranza che balenasse per le generazioni nuove, a ogni novità anche ardita, aspettando i risultati con serena fiducia evangelica, entusiasta dei generosi ideali che le giovani generazioni bandivano nel tumulto dei tempi nuovi e delle nuove esperienze.
VERITA’
Nell’ansia di ricondurre a Dio la società fattasi lontana, con la predilezione verso le classi umili e con l’inclinazione a esercitare l’apostolato di preferenza tra i poveri , come il saggio scriba evangelicamente proposto da Gesù, seppe coniugare nova et vetera.
Approfondire la sua fede volle insaziatamente, sforzandosi di presentarla in forma comprensibile ai suoi contemporanei pur nella integrità dei dogmi, chiarirla modernamente a sé stesso per insegnarla agli altri, cercando il dialogo con la cultura dominante che era in quel tempo acremente irreligiosa.
Professò la verità con l’evidenza dei fatti in ogni ambiente e in tutte le situazioni, nell’ esercizio fedele e ampio del ministero sacerdotale e del carisma della vita religiosa abbracciata per volontà di più alta perfezione.
Il suo modo di proporre la verità era personale, originalissimo come forma esistenziale; niente però annunziò di nuovo: il contenuto eterno del messaggio evangelico interpretò e visse, aggiornandolo nei modi alla sensibilità e alle istanze dei tempi nuovi. Seppe mantenersi aggiornato sul dibattito dottrinale e seppe accogliere tempestivamente i fermenti nuovi, quelli che ritenne validi e che riconobbe in linea col Vangelo e la disciplina della Chiesa, variamente riecheggiandoli nei suoi scritti.
La schiettezza fu suo abito costante, scomodo il più delle volte, ma mai dismesso per pusillanimità: “Chi non è sincero e schietto – afferma con chiara convinzione – è antireligioso: è fariseo da allontanare recisamente“.