1 ottobre
Ho avuto dal Comando Supremo una bella lettera che mi autorizza a combinare le prime Case del soldato al fronte, nella zona della IV Armata. Tutti son lieti dell’idea. Semeria e Gemelli me l’han lodata moltissimo. Grazie a te, o Signore!
2 ottobre
Mattina. Riparto per Belluno. Gli Angeli santi de’ quali celebriamo oggi la festa mi accompagnino nella dolce missione.
3 ottobre
Accoglienza gentilissima del Capo di Stato maggiore della IV Armata, general Fabbri, ieri sera. Stamane, con automobile speciale, sono andato alla Intendenza a Sedico per gli Uffici Doni. Il colonnello Giovagnoli è stato quasi intrattabile: vogliono che mi si spedisca i doni e basta; essi soli hanno il diritto poi di distribuirli ecc. In nessun’altra parte d’Italia succede così. Pazienza! Vedremo di spuntarla, per i nostri buoni soldati che amo troppo. Sono arrivato anche al Mazarè, al Comando del IX Corpo d’Armata. S. E. Marchetti è stato cortesissimo. Ben lieto della mia proposta che trova utilissima, abbiam subito combinato per i cinematografi di Val Cordevole.Una notizia mi ha fatto pena: il povero general Masperi della Brigata Reggio è stato colpito da paralisi alla parte destra. Aiutalo, Signore!
4 ottobre
Calalzo. Cambiamenti dovunque. Gli ufficiali superiori sono stati tutti rimossi. La cappellina va avanti, elegante e graziosa. Prima difficoltà incredibili; ora tutti vorrebbero metterci le mani. Così va il mondo.
5 ottobre
Auronzo. Tutti i generali del Comando del I Corpo d’ Armata sono entusiasti dell’idea delle case pel soldato. Uno mi ha detto: «Veda, io le assicuro che farà loro più bene un’ora di divertimento che cento grammi di pane di più». Gli è che tutti gl’intelligenti sentono la necessità di risollevar il morale delle truppe, in qualunque modo, a qualunque costo. S. E. Segato è un uomo squisitamente fine. E come ragiona assennato e bene anche di politica ecclesiastica!
Mi fa bene, Signore, questo conoscere uomini varii, dalla mente piccola e dalla mente larga; mi fa bene; mi fa meglio conoscere te, mi stringe più al tuo Cuore divino. Grazie, Padre.
6 ottobre
Ier sera feci una scappata a Dogana di Misurina e poi fui a pranzo al Comando; oggi vado in Comelico per intendermi coi Comandi di Settore sui luoghi da scegliere per le Case del Soldato.
7 ottobre
Meravigliosa giornata di colori e di luce… Col general Caputo della 1a Divisione e col colonnello Torditi del gruppo autonomo di Val Costeana, ho scelto i posti per le Case del Soldato sulle Tofane e nella orribile zona del Forame. Signore, devo continuamente ringraziarti per le gioie che mi dai e che non merito affatto. Mi basta un fiore a rallegrarmi e ad elevarmi a te e tu mi circondi di bellezze infinite! Lo so, Padre, vuoi chiamarmi a Te colle dolcezze squisite del tuo amore divino, vuoi farmi sentire più vivo così il desiderio ardente delle cose eterne! Grazie, Padre, grazie, dolcissimo Amore!
8 ottobre
Domenica. Sono andato a celebrare Messa a Padola, su in alto, oltre i baraccamenti neri aggrappati alle falde dell’Ajarnola. Molti soldati, moltissima la gioia del mio cuore. Stanotte però come ho sognato male! Vero, Signore, che il mio povero Geremia non è più o è ferito gravemente? Lo affido a Te, cui sera e mattina lo raccomando con tutti i miei cari, con tutti quelli che soffrono, o Padre. Pensaci Tu!
10 ottobre
Sono stanco per il da fare che è immenso e le forze e i mezzi che son pochi. Chiacchierare è inutile; bisogna molto agire. E nessuna necessità v’è oggi più grande in Italia di quella che riguarda il morale dei soldati e il bisogno assoluto di elevarlo per la vita stessa della patria. La fronte è diventata di una ipersensibilità nervosa impressionante. È un mare che ogni goccia d’acqua agita e smuove. Ieri sera la licenza breve che angustiava gli animi; oggi − non so come non so donde venuta − è la paura di non aver neppure quella licenza. E cosi va. Bisogna distrarli, animarli qui a ogni costo i soldati, e bisogna che il paese non li accolga apato e freddo. In tutti dev’esser vivo il senso dell’ora gravissima che batte sull’Italia nostra. Chi ha cuore non può, non deve dormire. Sarebbe imperdonabile delitto!
11 ottobre
Riparto alle 11 per Udine. Dovevano venire qui Semeria e Gemelli da ieri l’altro; ma invano li ho attesi. Ora non posso attenderli più. Il tempo costa quanto la vita.
14 ottobre
Udine. Son qui da ier l’altro. A Treviso mi occupai dell’Ufficio Doni, con fortuna. Riesco ora da una simpatica conferenza con S. E. Porro per le Case del Soldato al fronte e per l’Ufficio Doni. Sembra che tutto s’avvii bene. Benedici tu, o Signore l’iniziativa che mi è venuta da Te e fa che torni in utile grande ai soldati della patria mia. Benedicimi, o Dio! Dopo pranzo sono andato con Semeria oltre Cervignano. Era con noi anche l’avv. Begey di Torino, nobile anima. Dovunque i nostri reali confini erano orribili. Da questo lato – la sicurezza della casa paterna – non vi può proprio essere guerra più giusta della nostra. Bisogna dirlo alto agl’ Italiani imbelli; che vanamente cianciano per i trivii fangosi, mentre qui si soffre e si muore per la patria. Giù le discussioni: è l’ora dell’azione. Bisogna vincere a ogni costo quanto meglio è possibile. Preghi almeno chi è lontano e speri.
15 ottobre
Con Gemelli stamane sono arrivato a Cividale e S. Giovanni Manzano. A Maniago egli ha predicato a uno squadrone di cavalleria, all’aperto, e ha parlato bene. Il colonnello che assisteva, anticlericale ma intelligente e simpatico, ci ha detto poi: «quello che è mancato da principio alla nostra guerra è stata la preparazione morale-religiosa cui ora si va fortunatamente rimediando. Senza religione non esiste l’esercito, non può vivere. Per questo i migliori soldati sono i nostri contadini, sobri e religiosi». E ha terminato ricordando una sentenza di Socrate. Ai piccoli anticlericalucci d’Italia, vaniloqui e sciocchi, che vorrebbero far la guerra colla bolsa retorica loro, la riflessione del mio colonnello!
31 ottobre
Milano. Albergo del Commercio. A notte Ecco, una malinconia terribile mi attornia, mi preme, mi angustia, o Signore. Che avverrà domani? Che sarà della patria mia? Ho rivisto stasera Enrico Corradini qui a, Milano, al Continentale. È un retore egli, ma è anche un grande e vero patriotta e legge profondo nella storia m’ha accorato, perché m’ha parlato di cose che l’accorano. E molta verità v’era nelle sue parole. È devoto a Cadorna ancora, ma dice: «che abbiamo fatto? Dove sono le conquiste? Gli austriaci sono più forti oggi di ieri!» Conviene però, che a Cadorna mancano i mezzi. Di Bissolati parla male come uomo politico che non ha mai capito le leggi della vita nella storia; di Boselli dice che è un disastro. Il re lo chiama “prima donna infermiera” Ci vorrebbe per lui un dittatore, un tiranno ecc. Così la nostra guerra va scontentando tutti. È proprio un destino? Non lo so. I socialisti intanto lavorano infaticabili. M’hanno assicurato che Turati e Treves mai sono stati così attivi. E il governo è assente! Fortunatamente qui guadagnano molto e stan zitti per ora. Ma l’acqua infradicia i fanti. Mistero! Mentre è in gioco la vita nazionale, noi lavoriamo a demolire l’edificio innalzato così faticosamente dai Padri: A una gaffe del Vaticano, risponde una diatriba stupida di Bissolati, e sia. È la vita italiana. È il parlamentarismo affaristico, è il liberalismo vaniloquo, è tutto il materialismo balordo che deve tramontare. Se no, siamo finiti, andiamo verso la morte. È uno schianto per chi lo vede; poiché l’Italia è fatta per la vita e la gloria.
O Signore, per i santi ond’è piena l’Italia; per il sangue de’ martiri che la bagnò ne’ secoli, rendila vittoriosa e forte, la patria mia! E fa che per essa specialmente il Tuo regno venga sulla terra, la giustizia risplenda pel mondo.