4 aprile
Il Cristianesimo è individualista? o ha esso una dottrina sociale? E dov’è? L’uragano della guerra ha riportato a galla queste vecchie domande. Spaventati da esso, noi stessi non osiamo rispondere. Che dire? L’Evangelo certo se non ignora, mai si cura davvero dello Stato. Alcune sue asserzioni anzi, alcuni principii, se applicati alla lettera, manderebbero a monte la società così com’è, di buoni e di cattivi. Ma pure una dottrina sociale la Chiesa l’ha e l’è venuta applicando lentamente nei secoli, a favore specialmente dei poveri e degli umili, per la libertà e la giustizia. E la Chiesa stessa è un fatto sociale, vuol anzi essere la società perfetta che deve stendere ovunque le sue tende e raccogliere quando che sia gli uomini tutti. Dunque? A me pare che cadiamo sotto il pregiudizio protestante quando, scombussolati da questo tragico fallimento d’ogni legge internazionale, d’ogni patto, ci rifugiamo nel meschino cantuccio dell’individualismo ed esclamiamo trionfanti: “Eh là! Il Cristianesimo è salvo. La vostra miseria non lo tange. Esso non ha mai preteso dettar leggi ai popoli, alle nazioni… Scannatevi pure: Gesù vive in noi, nei cuori segreti dei suoi fedeli. E basta”. Non è così. Nell’Evangelo non è tutto il Cristianesimo. Lo sappiamo bene. E la dottrina sociale elaboratasi nella Chiesa e continuamente perfezionantesi è veramente cristiana. Se così non fosse ci sarebbe da disperar di noi stessi, del mondo. E non dev’esser ciò. Gesù è con noi. Egli lo ha detto. Sempre, sino alla consumazione dei secoli e quant’Egli non lasciò scritto, lo ispirò e lo ispira continuo e dolce nella sua Chiesa a mano a mano che volgono i tempi. Nessuna paura non siamo al tramonto dell’universo. Domani si apriranno sulle rovine sanguinanti di questo vecchio mondo borghese nuovi orizzonti cristiani: sarà una comprensione più alta e più vera della parola di Gesù.
5 aprile
Il male è stato provvidenziale: lo benedico ogni giorno più. Mi sono messo ormai decisamente sulla via de’grandi, ad ammirarli e sentirli a seguirli. M’apparirà più chiara la vita, più grande la sua santità. Era il mio vecchio programma che le molte letture vane e gl’innumerevoli fastidii sciocchi non m’avevan fatto mai proseguire seriamente. Non sprezzerò le produzioni nuove, anche piccole; perché dovunque rifulge qualche lato della vita, perché tutto ha qualcosa da dirci; ma gli amici miei veri e continui saranno solo i grandi del pensiero e dell’azione, d’ogni paese e d’ogni tempo. Tutti li leggerò, tutti li amerò: saranno i miei compagni d’ogni giorno: terranno essi nel mio cuore umile e soave e calda compagnia al Re che vi dimora immortale, allo Sposo cui voglio che l’anima sia unita in eterno. Scalda, Signore, e vivifica per le opere tue questa messe che vado gettando nel giardino che a Te è piaciuto affidarmi. Ora sto con Hello, il grande, lo sdegnoso d’ogni volgarità.
8 aprile
Mi sono illuso un certo tempo che il bene potesse andare d’accordo con un po’ di male nel mondo, nella vita; che non ci fosse poi tanto bisogno d’ombrarsi di tutto, di lottare con rigore eccessivo contro il nemico fatale. Folle illusione! Quando mai il male s’è reso per sé solo simpatico, ha conquistato da principio completamente le anime colla sua glaciale freddezza? Esso ha bisogno d’esser scaldato dal bene, d’introdursi furtivamente nel cuor che lo teme, come teme la morte, e d’avvelenarlo a piacere. Vigilate et orate!
11 aprile
L’altra viltà. Sono morti de’bravi giovani in guerra, veri eroi immolatisi volontariamente alla patria: ebbene i vegliardi imboscati non hanno neppure il pudore di tacere, di nascondersi davanti a loro, alla loro memoria. Tutto giorno parlan di quei grandi, li esaltano, esaltando insieme guerra esercito patria ecc. e intanto essi scrutano alle trincee da lontano. Vigliacchi vigliacchi: non s’accorgono neppure che accendono la luce per far conoscere meglio la loro cecità.
14 aprile
Noi abbiamo stranamente esagerati i nostri dolori; ne abbiamo fatto una voluttà, la voluttà delle voluttà. E ci siamo così infrolliti, immelensiti, imbastarditi. Byron fu un malanno per l’umanità. Leopardi un malanno diverso, forse meno pericoloso, perché d’altra e più alta natura, ma sempre un malanno. Tutti i romantici del dolore, tutti gli scrittori piagnucolosi onde è stata piena l’età recente, tutti quelli che han grufolato nel realismo brutale e non han visto più nulla in là, tutti quelli che si sono imbestialiti nelle descrizioni sadiche ecc sono stati tormentatori, gli avvelenatori, gli assassini della povera umanità. Non v’è più nessuno che non voglia mettere in pubblico le sue piccole infermità per gloriarsene, per rendersi interessante. Ricordo un compagno mio, quando ero in collegio, che desiderava diventar tisico… L’educazione non c’era e non c’è: i romanzi formano la gioventù ancor oggi, purtroppo, e la guastano come vogliono. Oh un turbine che tutto involi e rinnovi! Chi sa che non tocchi alla guerra…
16 aprile
La vita è un terribile groviglio d’assurdi per un logico dalla mente piccola che ama poco la grande luce del sole e meno la continua umile azione fraterna tra gli uomini. Ecco qua: si metta un povero logico nella sua camera, si sprofondi tra i suoi libri, in mezzo ai suoi calcoli, si tormenti il cervello, chiamando a raccolta tutte le cellule ch’ei conosce per nome esattamente e risolva questi semplici problemucci:
- Perché l’uomo uccide? Non ha esso diritto su la vita altrui. La natura gli ha procurato erbe, frutta; gli dà vino, uova, latte, liquori; gli dà il pane che è il cibo suo principale; lo arricchisce di acque maravigliose che hanno virtù di sanare anche tanti dei suoi mali… perché dunque uccide? Così belli sono gli uccelli dell’aria, così graziose le lepri, maestosi i leoni… perché li uccide? E non è sconoscenza il mangiarsi i buoi, quando t’hanno arato per anni i tuoi campi? E le galline che t’han dato le uova, e le pecore e le mucche il loro ottimo latte e i loro formaggi? Rispetto alla vita! A tutta la vita!
- Va bene: ma allora, non bisogna uccidere neppure gl’insetti che ci divorano, neppure i bacilli che ci ammazzano. Chiaro: essi fanno il loro mestiere, e son tanto belli! Perché estirparsi un cancro e far morire di fame tanti animaletti?
- D’altronde se si uccide per utilità, chi porrà limite alla strage? Perché devo fermare il mio braccio diretto contro l’uomo e non contro un agnellino che bela e scherza intorno a me, quand’io sto per ucciderlo?
- Perché io devo tollerare l’errore, se credo di stare nella verità? Perché non sopprimere chi semina l’errore, come chi tradisce la patria, chi sparge fandonie incendiarie per pescare nel torbido?
- E se non ho ferma fede, io sono una povera cannuccia agiata dal vento.
- é crudele dunque chi ha salde convinzioni?
- E che cosa è la vita allora?
Sono andato stasera all’Augusteo. Willy Ferrero dirigeva un concerto orchestrale a beneficio della Croce Rossa. Nel programma c’era la V sinfonia di Beethoven. Questo fanciullo – comincia ormai a diventare anch’egli un fanciullo – sbalordisce e innamora. Che siamo noi? Si riaffaccia il problema. Rispondano i materialisti della logica. Negato Dio che ci umilia e ci esalta, non c’è che buio nel mondo.
19 aprile
Guardato cogli occhi del mondo, il bene è una grande sciocchezza; l’entusiasmo una pazzia criminosa. Due grandi misteriosi linguaggi ha l’uomo: il sorriso e il pianto. E sono la sua forza e la sua fiacchezza. Per non voler accettare la vita qual è, io mi vado rendendo un infelice. A notte. Alto lo sguardo, o sciocco! La vita non finisce quaggiù.
20 aprile
Al Corriere d’Italia stasera m’han detto che hanno aperto da qualche tempo una specie di ufficio-notizie per aiutare ricerche ecc di soldati. Ebbene quasi la totalità di quei che scrivono son preti che cercano imboscarsi. é un guaio, un vero guaio. Di tante migliaia di preti richiamati, troppi pochi stanno al fronte, troppi pochi fanno il loro dovere. Anche de’Cappellani in genere che cattive informazioni ho avute! Insomma mi confermo più sempre in questo: la guerra la fanno i poveri contadini per due terzi e per un terzo i poveri delle città. La grassa borghesia, la nobiltà, il clero hanno concorso pochissimo alla guerra. Domani ne sentiranno le conseguenze. Non basta eruttare pistolotti d’occasione, bisogna soffrire con chi soffre, bisogna saper dare la vita con chi la dà generosamente prima di noi. Per risollevare un po’ nella stima popolare gli uomini di governo, fa d’uopo che la morte falci tra loro, tra i loro figli, come falcia abbondante tra i figli del popolo. Così pel clero. Se altri preti non muoiono, è un disastro. I vendicatori saranno inesorabili e avranno ragione. O Dio mio, perdonami le mie colpe e fammi degno di morire per Te, per la patria mia, per l’avvenire della religione nel mondo.
23 aprile
Ecco la grande ragione. Tutti cercano di nascondersi, dicono, dunque pur io… é diventata una febbre, una ossessione. L’ingiustizia dilaga. La povera gente è abbandonata sola a morire per la patria. E il tempo è cattivo e cresce il lutto pe’ campi! Signore, è la tua risurrezione: aiuta la patria mia!
29 aprile
Le più alte gioie hanno bisogno delle più alte rinunzie: loro nutrimento è il sacrifizio continuo di quanto più piace alla inferma carne umana.
30 aprile
L’odio è la passione più insaziabile e più cieca: superarlo e vincerlo è la più bella vittoria umana.