CONTRIBUTO DEL PROF. ROCCO LISTA, NELL’AMBITO DELLA “TAVOLA ROTONDA” TENUTA AD AMATRICE IL 10 AGOSTO 2011 IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI DEL 150° DELL’UNITA’ D’ITALIA SUL TEMA:
“QUALE APPORTO HANNO DATO I NOSTRI FONDATORI PADRE GIOVANNI SEMERIA E PADRE GIOVANNI MINOZZI PRIMA E DOPO LA FONDAZIONE DELL’OPERA NAZIONALE PER IL MEZZOGIORNO D’ITALIA?”
Il poeta Giosuè Carducci con l’approvazione e l’emanazione della Costituzione Italiana si appellò al popolo italiano e in particolare ai giovani con questo monito:”Ora che l’Italia è di nuovo fatta e che la nazione è tornata in potestà di se stessa a voi, o giovani, spetta di rifare l’Italia morale, l’Italia intellettiva, l’Italia viva e vera, la bella, la splendida, la gloriosa Italia, quale con gli occhi inebriati di ideali la contemplavano gli uomini generosi che per lei affrontarono le carceri, gli esili, la morte sui patiboli e in guerra.
Giovani italiani, i vostri padri e fratelli diedero alla Patria l’anima e il sangue; voi date l’ingegno”.
Partiamo da questo concetto:l’idea di patria molto caro e spesso usato da don Minozzi.
Per gli antichi si trattava di un concetto profondamente religioso, essendo la Patria il luogo che accoglieva le ossa dei padri e la persistente dimora delle loro anime: la difesa e il sacrificio anche supremo per essi furono ampiamente celebrati nell’antichità; l’esilio e la prospettiva di morire in terra straniera appariva allora punizione gravissima.
Don Minozzi ha speso tutta la sua vita alla costruzione dell’Italia, attraverso la partecipazione diretta alla guerra e con la ferrea volontà di formare gli italiani.
Un altro poeta, Massimo D’Azeglio ammoniva: “fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”.
A pag. 39 e 40 della Buona Notte (come parlo ai miei figliuoli) pubblicato in Amatrice dall’Orfanatrofio Maschile nel 1955, così scrive don Giovanni Minozzi: ”La Patria, che non è solo la terra dove siam nati e viviamo, dove vissero già e vivono le persone a noi care; ma è principalmente l’insieme dei valori ideali, delle tradizioni spirituali, delle ariose memorie, delle conquiste raggiunte per forza di virtù e di ingegno e perché no? Delle sofferenze patite dalla nostra gente, pur ingemmata ed esaltata sì spesso da santi, da geni, da eroi come nessun altra; l’insieme della fortuna e delle sfortune insomma;dei dolori e delle gioie che nel travaglio faticoso di secoli unificandola, elevandola più sempre, ne hanno mirabilmente intessuta via via, nel mistero di Dio, la multiforme storia onde l’anima, palpitando larga respira e si nutre sicura e s’illumina d’eterno.
Con umile fierezza dobbiamo, figliuoli, a fronte alta gloriarci innanzi a tutti di essere italiani e salutare dobbiamo la bandiera sempre con rinnovata, intima commozione, vivamente grati al Signore che ha reso sì grande e sì bella la Patria nostra, l’ha fatta giardino del mondo, l’ha prediletta fra tutte. Nella bandiera noi salutiamo la Patria di cui essa simboleggia, con i tre colori, la speranza, la fede, l’ardore fiammante di bene”. Ma qual è il cittadino italiano che voleva don Minozzi?
2) Tento, con modestia e umiltà, “l’identikit” dell’italiano che Padre Minozzi ha sempre vagheggiato e voluto nel tentativo di elevare le fortune della nostra Italia attraverso la formazione di cittadini nobili, istruiti, educati e responsabili.
Don Minozzi dovunque si trovava, prima che i suoi figli andassero a letto soleva dare loro la “ Buona Notte” con messaggi, riflessioni, ricordi.
Era solito ripetere: “Dare la buona notte è come deporre, amorosamente, nei fervidi animi giovinetti, un seme che sarà certo fecondo del sereno riposo della notte. La lunga esperienza ce ne ha fatto raccogliere già frutti notevolissimi.
3) “Buona Notte” è un testo che in 670 pagine raccoglie 417 riflessioni che hanno tutte un alto valore educativo, sono testimonianza della santità di Padre Minozzi, del suo fecondo lavoro per la realizzazione di un’Italia che non fosse soltanto un’entità geografica e territoriale, ma l’unione di cittadini, di personalità, capaci di vivere il presente, meditando sul passato e proiettandosi in un futuro migliore.
Il testo è una miniera della vasta cultura Minozziana, delle sue profonde conoscenze del mondo artistico e letterario, è una cassa forte aurea di indicazioni del saper vivere trovando in noi stessi gli elementi più nobili e forti per testimoniare, in ogni circostanza, quei valori dei quali ognuno di noi è portatore.
Qualcuno potrebbe chiedermi: quando Padre Minozzi decise di formare gli italiani? Probabilmente da sempre: dai primi anni della sua vita, da quando, pur attraverso mille sacrifici, faceva emergere e mostrava la sua personalità, da quando volle partecipare come tenente cappellano alla I^ Guerra Mondiale.
Secondo me, comunque, c’è una data ben precisa dalla quale si può partire e che segna la pietra miliare della sua dedizione alla formazione degli italiani.
Questa pietra miliare si basa sulla profonda lacerazione umana della I^ Guerra Mondiale. Parte non da soggetti fortunati, ricchi o privi di bisogni, ma da esseri sfortunati, deboli, privi di tutto e bisognosi, almeno, dell’essenziale.
In “Ricordi di Guerra” scrive don Minozzi: “Correvo ogni giorno, senza posa, mi avvicinavo ai fratelli sbandati e tentavo di ridestar nei cuori l’ala della speranza…rasserenare gli animi esacerbati…riconciliarli al dovere, farli ripalpitare per la famiglia e per la Patria: compito che che richiedeva in quella contingenza straordinaria una generosità assoluta, una sapienza senza limiti, insieme ad una comprensione umana intensa…”
Il cappellano militare Minozzi nel Novembre del 1917 si era trasferito a Bologna col Comando Militare. In una fredda sera di quell’anno il suo pensiero si rabbuiò. “Alle 21,45 del 12 Novembre 1917, nel segreto della mia stanzetta, pensai nel nome della Patria e di Dio, agli orfani che la guerra ci avrebbe lasciati, di consacrarmi tutto ad essi per l’intera vita. Ché dunque, i figliuoli erano stati, nel pensiero costante, la preoccupazione più assidua e tormentosa de’ soldati…”
Da questo testamento spirituale si può comprendere l’alto contributo che don Minozzi ha dato all’unità d’Italia attraverso l’assistenza agli italiani bisognosi di tutto: vitto, alloggio, istruzione, educazione, una famiglia, erano orfani.
Incomincia con questo testamento, l’opera, o forse meglio, la missione di don Minozzi per la costruzione materiale, morale e culturale del popolo italiano.
Tenterò, dunque, di ricercare, nelle riflessioni di “Buona Notte”, alcuni dei tasselli più significativi delle persone che l’educatore Minozzi voleva realizzare.
4) A pag. 22 di “Buona Notte” scrive: “Al cancello centrale dell’Orfanatrofio maschile di Amatrice ho voluto un motto araldico: “Sustentant lilia turres” che i nostri ferrabattutisti hanno cercato di illustrare alternando torri e gigli sulla cimata”.
Si evince che per Minozzi, l’italiano, l’uomo e il cittadino onesto deve essere alimentato continuamente sia dalla robustezza fisica che da quella morale. Se l’uomo è una unità biopsichica è necessario che venga educato, istruito, formato, sia perché abbia un vigore fisico che gli permetta di vivere e lavorare, ma che sia soprattutto, sostenuto da un perenne vigore morale che divenga linfa vitale di ogni agire.
Nel mosaico della personalità Minozziana questo può essere considerato il primo e basilare tassello.
I soggetti che don Minozzi accoglie nelle sue case sono bambini orfani, nudi, malnutriti, a contatto essenzialmente con la sofferenza e con il dolore.
In un’altra riflessione don Minozzi ci invita a riflettere sul dolore e così scrive a pag. 47 “…così il dolore in noi, per noi: ci strazia, ci affina, ci educa a comprendere gli altri, ci dà il senso della pietà per tutte le sofferenze, tutte le miserie, ci slarga il cuore, ci fa uomini. Senza il dolore l’egoismo inaridisce l’animo, l’agghiaccia lo serra alla carità, lo fa antiumano, anticristiano.Ogni conquista umana è in rapporto ai dolori, ai sacrifici sofferti: è premio della vita che, soffrendo, si afferma, superandolo sul male…”
Il popolo italiano aveva già sperimentato sulla sua pelle tanto dolore, ma sofferenze ancora più atroci le vivrà con la II^ Guerra Mondiale intessuta di morte e di strazio con punti culmini nella Schoà e nelle Foibe.
Tali sofferenze possono essere lenite soltanto dal messaggio di don Minozzi: “Sustentant lilia turres”.
La formazione che padre Minozzi ha inteso dare ai cittadini italiani, non è stata mai generica o generalizzata, ma sempre diretta al singolo individuo, all’uomo protagonista del suo destino al suo “figliuolo” che con la testa e il cuore risponderà a Dio e al mondo con personale responsabilità.
In quest’ottica prima che i suoi figliuoli si addormentassero, in una luminosa serata d’estate o in un’uggiosa serata d’inverno, egli ricorda loro la parabola dei talenti. A pag. 29 si legge: “A ogni persona che viene al mondo Dio largisce doni particolari, ripartisce talenti da valorizzare, da far fruttare nell’esistenza terrena…Decisivo è che Dio richiederà a ciascuno, nella resa dei conti, il frutto di quello che gli aveva affidato…Esemplifichiamo un poco. Tu hai ricevuto florida la salute, altri no: che ne hai fatto? Hai avuto aperta la mente, agile l’ingegno: che profitto ne hai tratto? Ti è stata concessa larga la possibilità di educarti, di istruirti, di conquistare una posizione onorata, un avvenire di soddisfazioni: come te ne sei servito?…Pensiamoci figliuoli miei, ogni giorno, ogni ora, per essere pronti sempre a rispondere con sicura coscienza, nel momento supremo, al Giudice senza appello”. Ma oltre al Giudice Supremo, nella concezione minozziana, il cittadino dovrà rispondere di quello che è e di cosa fa sia alla propria coscienza che alla società nella quale vive. La bussola per orientarci a rispondere delle nostre azioni, don Minozzi parlando ai suoi figliuoli la indicò nell’insegnamento socratico o, prima ancora, sull’ammonimento inciso sul tempio di Delfo: “Conosci te stesso”.
A pag.31/32 di “Buona Notte” padre Minozzi scrive:”…Par come superflua, di primo acchito, quasi puerile, ridicola…E invece è suprema saggezza…Noi ci illudiamo spesso di conoscerci, ma in realtà appena superficialmente. E perciò ce ne andiamo pettoruti, gonfi di orgoglio e vantiamo meriti inesistenti e ci pavoneggiamo superiori agli altri, fantasticando boriosi, foggiandoci diversi da quel che siamo, tipi ideali addirittura…”
Nella sua vita, nelle sue peregrinazioni, nel suo santo vagabondare da paese in paese, don Minozzi ne aveva incontrato soggetti così fatti, contro i quali ha sempre ingaggiato una dura battaglia.
Il popolo italiano si doveva ben far riconoscere per le sue autentiche potenzialità e per le sue specifiche qualità. Soltanto chi conosce realmente se stesso può essere un buon cittadino, un padre serio e amoroso, un lavoratore onesto sapendo testimoniare il suo essere e non il suo avere.
Purtroppo la società italiana camminava su binari non sempre condivisibili, gli uomini più che essere preferivano apparire, sembravano sempre più avidi e desiderosi di futili ricchezze materiali.
Don Minozzi, non condividendo questo scenario, manda un forte messaggio ai suoi figliuoli. I messaggi minozziani sono tanto più forti quanto più partono da personali testimonianze e autentici atti di vita vissuta.
Tra le sue riflessioni a pag 57, si trova: Insaziabili, Mai.
“Che l’uomo sia seduto sule rive del Gange o su quelle di un ruscello, non può trasportare che un vaso delle loro acque”. Simpatico proverbio indiano, egli aggiunge pieno di pacata saggezza.
Non bisogna farsi pigliare mai dalla insaziabilità di beni terreni, perché quand’anche si arrivasse ad arraffare il mondo, ci ritroveremmo sempre nell’impossibilità di attingere e portarne via più dell’acqua che ci serve. La ricerche delle comodità utili ala vita deve essere perseguita senza febbrosità brucianti e il goderne deve esserne equilibrato e sereno, nei limiti dell’onestà e della giustizia…”
Emerge con evidenza, un altro nobile tassello della personalità dell’uomo che nella concezione minozziana non doveva essere giàmmai insaziabile ma sempre improntata a giustizia e ad onestà. Nel suo itinerario educativo, il nostro, speriamo presto, beato Giovanni Minozzi, ritiene che chi vive in onestà e giustizia sia in grado di lasciare buone memorie.
Lascia buone memorie è l’invito che fa a tutti ma, in modo particolare ai suoi discepoli. A pag111 troviamo scritto. “V’è una bela strofa del carissimo amico e socio dell’opera Giovanni Bertacchi: “Il carro oltrepasso d’erbe ripieno
E ancor ne odora la silvestre via:
passa anche tu come quel fieno,
lascia buone memorie anima mia…”
il cittadino italiano che può lasciare dietro di se buone memorie deve credere, avere fede e soprattutto riporre in chi è meritevole tanta fiducia. Per spronare i suoi figliuoli a questi sentimenti egli scrive ancora, un’altra riflessione. “ Abbiate Fiducia” pag 111/ 112.
“ Napoleone I soleva dire: la fiducia è metà del trionfo.
Vero: nelle conquiste materiali nelle vittorie morali.
Senza fiducia in se stesso, non si riesce a nulla, non si può nulla.
I popoli come gli individui.
E nella volontà ferma e decisa, volontà incrollabile, il segreto della vittoria, di ogni vittoria…
Andate avanti sicuri, con ardimento sereno, con nobile fierezza…”
E’ questo il cittadino che voleva don Minozzi: un uomo forte, coraggioso, pieno di energie e di fiducia, in grado di camminare a fronte alta.
Per ottenere questo, l’educatore don Minozzi continua a far riflettere i suoi alunni, prevenendo, rimproverando, spronando.
Un altro tassello di questo iter formativo del cittadino italiano è sempre in Buona Notte a pag 127/128, ove descrive con rammarico quanto osservava nelle camerate dei suoi istituti, la riflessione è intitolata “indolenti e torpidi”
“Alcuni di voi figliuoli, sono di una poltroneria disdicevole, davvero: ultimi ad alzarsi, torpidi, indolenti, sciattoni, consumerebbero la vita sdraiati nel letto…”
E dopo aver apostrofato con energico amore tale comportamento, incalza:” Che sarà di voi domani, cresciuti negli anni e diventati meno agili e pronti, meno vivaci inevitabilmente? Se siete vecchi ora, che cosa succederà di voi quando la vecchiaia irrigidirà le vostre membra? Su figliuoli miei su balzate gioiosi al lavoro come il dovere vi chiama e RUBATE TEMPO AL SONNO, rubatelo alla pigrizia, per darlo alla vita, ad una più piena più ampia vita…prima che si levi chiaro il mattino siate voi apparecchiati a conquistar nel giorno il vostro posto, soldati baldi e fieri della luce sempre”.
Quale grande insegnamento, quante coscienze torpide e d indolenti si possono smuovere dal torpore dell’animo e dall’assenso di volontà. Fare l’Italia per don Minozzi ha avuto sempre un significato strategico ove al primo posto ci doveva essere sempre e dovunque l’uomo come protagonista in grado di non sentirsi mai solo e di agire ”Sempre come se altri ti stessero a guardare, altri che tu stimi, che tu ami e a cui amore tu tieni, devi tenere…”
Il popolo italiano doveva essere amalgamato da questi valori, tra i quali al primo posto l’imperativo categorico Kantiano:” tu devi, il dovere per il dovere, perché ogni uno possa essere padrone sereno e severo di se stesso: oggi, domani, sempre.
La gentilezza dell’anima è una caratteristica essenziale dell’uomo vagheggiato e voluto da don Minozzi. Sempre in Buona Notte ci offre questo quadro a pag 136 titolo è il “Gentiluomo”
“Ecco il ritratto di un gentiluomo fatto da Aristotile: “un individuo il quale perde la sua calma e, con la buona o cattiva fortuna mantiene la condotta amabile e distinta, non grida, non impreca, non bestemmia, parla poco di se e mai male di nessuno. E’ sempre pronto alla carità e al perdono, cammina col sorriso sule labbra”.
Chè da aggiungere? Nulla. Copiatelo”. Un popolo di gentiluomini è un insieme di soggetti che non fanno invecchiare mai l’anima.
“ Con gli anni il corpo cresce, poi inevitabilmente declina, infiacchisce, cade, muore.”
Buona Notte pag 141 “Non fate invecchiare l’anima”:
“ Lo spirito, invece se curato a dovere, vive di una perenne giovinezza e sereno e lieto piega l’universo a sé. Abbiate fede in voi figliuoli, nel vostro spirito vittorioso, nei vostri ideali di bene, nei vostri sogni alti e puri, e non lasciate mai invecchiare l’anima, per la vostra gioia e per la vostra gloria.”
Un altro elemento distintivo della personalità dell’italiano è la cortesia (pag147)
“ La cortesia è fiore dell’educazione.
Non costa nulla e rende tanto!
Alle anime più restie, più scontrose restano prese dalla suadente malia della giovinezza, dal sorriso della cortesia. Bisogna convertirla in abitudine, bisogna che la si muova schietta sincera, immediata, senza ombra di cosa.
La cortesia adulatrice è da farisei, quella untuosa da bizochi rapinatori”.
Chi segue questi precetti, secondo don Minozzi, è colui che può mettere in pratica attuandolo un aforisma scritto non da un politico, uno storico, ma da un grande musicista: Frannz List (Buona Notte pag 157)
“ Si fedele a te stesso-scriveva il musicista-non affannarti ad essere e divenire qualcosa; ma lavora con zelo e perseveranza a ciò che sempre tu sia e divenga qualcuno”.questo aforisma cosi viene chiosato dal mio “Santo vagabondo”: “Divenire qualcosa non è difficile poi troppo…voi sarete artigiani, studenti, avrete il vostro posto al sole, farete la vostra carriera, sazierete la vostra ambizione terrena tra onori e lodi, forse anche tra lussi e denari…ma tutto questo è nebbia al vento…quello che importa figlioli miei, quello che veramente conta è diventare qualcuno, essere qualcuno: e’ l’arricchire di continuo la propria vita interiore, con perseverante zelo, con santa tenacia”.
Tutti i comportamenti devono essere sostenuti dalla ferrea legge dell’obbedienza. Padre Semeria soleva ripetere ”A far del bene, non si sbaglia mai” e Padre Minozzi gli fa ego affermando “Ad obbedire non si sbaglia mai!”.
Se padre Semeria fu uno di più arditi nel promuovere il risveglio dell’Italia, don Minozzi continuò imperterrito in tale opera per tutta la vita. Gli italiani formati ed educati anche dalle opere e dal pensiero minozziano fecero uscire l’Italia dalla macerie morali della II guerra mondiale realizzando con il referendum del 2 giugno la Repubblica e promuovendo la realizzazione della Costituzione.
L’Italia fu costruita anche dall’Opera di don Minozzi e dei suoi Discepoli, offrendo oltre 55 case e scuole materne ed elementari dappertutto.
Ebbe la capacità di saper tessere amicizie con i più potenti politici del tempo: Einaudi, De Gasperi, Andreotti, Colombo etc.
Qualcuno dei presenti, certamente, ricorderà il pellegrinaggio a Roma nel 1950 in occasione dell’Anno Santo, quando un’intera marcia di “figliuoli” di don Minozzi fu ricevuta anche da Pio XII nella Basilica Vaticana e marciò spedita verso l’Altare della Patria cantando con appassionata commozione l’Inno dell’Opera. “L’Italia è la stella del cielo sereno…
Ebbe rapporti strettissimi col ministro della pubblica istruzione Ermini col quale scrisse la premessa ai programmi della scuola elementare emanati nel 1955 che così si chiude: “La civiltà di un popolo si misura dal suo grado di istruzione”.
Prof. Rocco Lista